Romeo Venturelli è nato a Sassostorno di Lama Mocogno il 9 Dicembre 1938. Alto m. 1,81 e con peso forma di 72 Kg., era un ottimo
Come esordiente e poi dilettante gareggiò, dal 1954 al 1958, con la U.S. Pavullese, e nel 1959 con il G.S. Brooklin, di Empoli.Negli anni trascorsi con la U.S. Pavullese, fu diretto dal Direttore Sportivo Sig. Trento Montanini : Renzo Badiali e Tano Valmori furono altri dirigenti pavullesi a lui molto vicini.
La prima corsa, nella Categoria “Esordienti”, fu la “Coppa d’Inverno” disputata nel 1955 a Parabiago (Milano), dove Trento Montanini, notate le sue potenzialità, gli diede una bicicletta e lo iscrisse con il cartellino di un altro corridore: presenti corridori di tutte le categorie, Romeo si classificò 8° assoluto e 1° degli “esordienti”. Vinse tre volte in quell'anno.
Nel 1956 corse tra gli “Allievi” e si mise in bella mostra vincendo sette corse. La prima vittoria della sua carriera la ottenne sul circuito di Medesano (Parma), una corsa con 200 iscritti e svolta in due prove: Romeo ottenne la vittoria finale dopo esser finito 2° nella prima prova e 3° nella seconda. Fu primo a Trento. Fu primo nella “Coppa Succi” di Forlì, con la salita della “Rocca delle Caminate”, vincitore solitario con 3’ di vantaggio dopo una fuga solitaria di 96 Km. (su un totale di 101!). Sempre a Forlì fu vittorioso nel “Trofeo Pibigas”, con un percorso che toccava Castrocaro, Predappio e Rocca delle Caminate: staccato, fece una gran rimonta riprendendo i 4 fuggitivi e precedendo, sul traguardo, Ermanno Benetti (Trento Montanini e Renzo Badiali avevano espresso il voto che, se Romeo avesse vinto, sarebbero andati a piedi, tornando a Pavullo, da Bologna al Santuario di S.Luca e così fecero). Il 1-7-1956 c’era un’importante gara a S.Margherita Ligure, il Trofeo “Caduti Istriani”: Romeo vi giunse due giorni prima della corsa e Sesto Montanini, fratello di Trento, gli promise che, in caso di vittoria, come premio vi sarebbe rimasto una settimana. Naturalmente, Romeo vinse ma Trento non volle che rimanesse e lo fece tornare subito a casa. Il 15-8-1956 fu primo a Rivabella, vicino a Bologna. Altra vittoria nella Coppa “Bar Vittoria” di Bologna, con partenza e arrivo in Via Irnerio e con l’impegnativa salita de “Il Mongardino”, nella cui discesa Romeo forò: secondo a pochi chilometri dal traguardo, Romeo vinse perché il “leader” della corsa, Giovanni Bonzagni di S.Matteo della Decima (Ferrara), fu investito da una motocicletta in pieno abitato di Bologna e rimase ucciso sul colpo (Romeo passò sul punto dell’incidente, vide confusione ma non si rese conto di quanto accaduto).
Altra corsa a Lugo di Romagna dove Romeo, in fuga, fu ripreso a pochi metri dal traguardo finendo 6°: gli inseguitori furono avvantaggiati dal risucchio delle autovettire al seguito.
Prova non brillante, invece, nella corsa valevole per il Campionato Italiano “Allievi”.
Curioso episodio quando Romeo si recò a Dovada, in Piemonte, per partecipare a una gara riservata agli “Allievi Regionali”: ovvio che Romeo non poté prendere il via e allora Trento Montanini fece ricorso perché, nella presentazione della gara, gli organizzatori non avevano segnalato che fosse “regionale” cosicché riuscì ad ottenere Lire 17.000 come indennizzo trasferta.
Su “La Strenna Pavullese” del 1956 Trento Montanini così scriveva: “Per il ciclismo con l’appoggio dell’I.N.A. Sport e l’interessamento personale del Comm. Pesavento e gentile Signora è stato possibile organizzare una Modena Pavullo per Allievi che, spettacolarmente, non ha avuto nulla da invidiare ad una corsa per professionisti. La soddisfazione degli sportivi è stata completata dalla autorevole volata del nostro alfiere Venturelli sfrecciato primo sotto lo striscione d’arrivo. Sempre con Romeo Venturelli, rivelatosi fortissimo e sicura promessa, la U.S. Pavullese ha collezionato sei vittorie in gare di notevole importanza nazionale ottenendo inoltre numerosi ottimi piazzamenti nei primi posti”.
Come dilettante nel 1957, vinse dieci corse (da sottolineare la vittoria nella "Modena
- Pavullo" a cronometro, ad una media eccezionale) ed ebbe un bruciante finale di stagione. Nell'ottobre vinse il "Piccolo Giro di Lombardia" dove, per dirla con le parole di Nino Rota di "Stadio", "il campioncino di Pavullo emerge alla distanza e brucia cinque compagni di fuga". Bella vittoria pure nel Trofeo Pizzoli di Bologna dove, staccati tutti, rifulse "la classe di Venturelli". Sempre nel 1957 vinse un circuito a Mirandola, presenti tutti i più bei nomi dei dilettanti italiani; altre vittorie a Reggio Emilia, a Villa Sesso (il ciclista Benetti, anche lui della U.S. Pavullese, ha raccontato che, a Sesso, Romeo ci arrivò in bicicletta da Pavullo e, dopo il vittorioso arrivo, tornò a Pavullo sempre in bicicletta! Romeo tirò la volata a Benetti ma, a cento metri dall’arrivo, l’aveva staccato in quanto Benetti non riuscì a stargli attaccato!) e al Giro del Frignano, in linea, vinto alla maniera forte.
Nel Giro del Frignano la partenza era a Modena (davanti al Bar “Nuovo Fiore”) e poi il percorso era Maranello-Sassuolo-Casinalbo-Maranello-Serramazzoni-Sestola-Montecreto-Riolunato-Pievepelago-Barigazzo-Pavullo (presente pure l’altro pavullese Giordano Giusti, soprannominato “Il Sire”, e, tra gli altri corridori, il parmense Vittorio Adorni, futuro Campione del Mondo a Imola). A Sestola era in fuga Giordano, seguito, a 3’20” da Romeo che poi lo raggiunse e lo staccò, giungendo a Pavullo con un distacco di 5’10” (da Sestola a Pavullo gli diede 8’30”: “Ecco sospirò “Il Sire” dopo l’arrivo chi è Venturelli”).
Clamorosa fu la sua affermazione, il 22 settembre, alla 20^ Coppa Appennino, corsa con partenza a Vignola, toccando poi Bazzano, Marano sul Panaro, la salita di Festà e poi quella di S.Antonio al cui bivio si andava a Serramazzoni e poi, in discesa, a Maranello con ritorno a Vignola, sede dell’arrivo dopo aver percorso, per otto volte, il circuito del Bettolino. Dopo aver lasciato sfogare Enore Taschini, Meo lo raggiungeva poco prima di S.Antonio e con lui arrivava a Vignola, dove lo staccava inesorabilmente all’inizio del quinto giro del Bettolino. Romeo vinse in 4h19’15”, precedendo di 3’30” Giovanni Verucchi, di 3’40” l’altro pavullese Giordano Giusti, di 3’55” Tristano Tinarelli e di 5’05” Enore Taschini (8° fu l’altro pavullese Ermanno Benetti, staccato di 14’10”). Alcuni commenti apparsi nell’articolo di Bruno Storchi sulla “Gazzetta dell’Emilia” del 24 settembre 1957: “Venturelli ragazzo prodigio”, “il pavullese Romeo Venturelli ha vinto una corsa che difficilmente troverà paragone nella sua storia”, “…si è poi prodotto in un assolo meraviglioso. Segno, questo, che il pavullese non difetta di classe, di preparazione e soprattutto di temperamento. Pregevole stilista, Venturelli ha indubbiamente fatto tesoro degli insegnamenti di Fausto Coppi. Nel “ritrovo” di Novi ha imparato a correre e in Lombardia leggi Ruota d’Oro a soffrire. E oggi, senza tema di smentite, può essere considerato uno dei nostri migliori dilettanti”.
Ne “La strenna pavullese” del 1957, Trento Montanini così commentò l’annata del ciclismo pavullese: “Con l’arrivo della primavera iniziava in pieno quell’attività ciclistica che, date le premesse degli anni scorsi, faceva prevedere ottime fortune per lo sport pavullese. Queste fortune venivano da due magiche ruote e dalla potenza, invero straordinaria, di un genuino prodotto della montagna. Intendo parlare del neo-dilettante Romeo Venturelli nato il 9 dicembre 1938 a Sassostorno, cresciuto al cospetto del Monte Cimone e temprato alle battaglie sportive in seno alla “Pavullese”, guidato, seguito e curato amorevolmente da dirigenti consapevoli di portare in alto nella scala dei valori nazionali un validissimo rappresentante della nostra zona. Ben dieci le vittorie conseguite da questo ragazzone durante la stagione testè chiusa! Dieci vittorie e taluna di così notevole importanza da farlo considerare una delle più valide pedine nazionali per la futura attività azzurra. Per i suoi meriti, otteneva la benevola attenzione del campionissimo Fausto Coppi, presso il quale ha avuto la possibilità di soggiornare una settimana, partecipando con Coppi stesso al quotidiano allenamento… Sono state organizzate due corse per dilettanti: il classico “Giro del Frignano”, vinto da Venturelli dopo un’entusiasmante lotta con l’altro bravissimo pavullese Giordano Giusti, e la Modena Pavullo, a cronometro, pure vinta da Venturelli ad una media addirittura sbalorditiva”.
Oltre le suddette vittorie, fu 2° nel G.P. “Moto Guzzi” a Livorno, 2° nella Coppa “S.Giovanni del Dosso” a S.Giovanni del Dosso (Mantova), 3° nella Coppa “Giannino Negrini” a Cinisello Balsamo (Milano), 3° nella Coppa “Poggetto” a Salsomaggiore Terme (Parma), 4° nel G.P. d’Apertura a Sanremo (Imperia) e 6° nella Bologna-Passo della Raticosa.
Su “La Gazzetta dell’Emilia” comparve, lunedi’ 5 agosto 1957, un articolo di Bruno Storchi sul “Giro del Frignano”, intitolato “Ha distaccato tutti sul Barigazzo – Venturelli formidabile scalatore domina nella Coppa INA-Sport – Il vincitore taglia il traguardo con oltre 5’ di vantaggio sul magnifico Giusti”: “Un degno vincitore per una grande e bella corsa. La quattordicesima edizione del Giro del Frignano – valevole per la Coppa INA-Sport – è stata vinta da Romeo Venturelli della Ciclistica Pavullese. Quando un atleta controlla la corsa fin dal via, la conduce nelle prime posizioni e, dopo aver contrattaccato gli avversari con agilità, potenza e lucidità, li domina nel finale, è segno che questo atleta ha classe. Autore di questa superba impresa è il pavullese che ha vinto la corsa. Abbiamo dunque ritrovato un atleta che le vicende sfortunate di questi ultimi mesi sembravano avessero confuso fra le mediocrità. E ciò che più ci ha favorevolmente impressionato è stato di ritrovare non soltanto le qualità atletiche e le virtù di un ragazzo che è fra i più promettenti del nostro ciclismo, ma di ritrovarlo in veste, sconosciuta, di un coordinatore di sforzi, di un abile tatticista, di un ragionatore freddo e calmo, che non commette errori di generosità. Il cav. Lipparini e gli amici della Pavullese saranno lietissimi di questa prestazione del loro ragazzo che ha tutti entusiasmato e convinti delle effettive possibilità per emergere nel difficile sport della bicicletta. Degna di elogio anche la prestazione di Giusti (Giordano, da non confonderlo con il fratello Gabriele, n.d.r.), della “Bartali” di Bologna, che è rimasto con disinvoltura nelle posizioni di comando della corsa fino a 25 Km. dall’arrivo, cioè fino a quando Venturelli gli ha vibrato grossissimi colpi d’ariete, senza mai accusare battute d’arresto … Venturelli ha avuto una bella impennata sul Barigazzo dove ha staccato dalla sua ruota gli avversari più forti tra i quali Giusti e Mazzacurati. Giordano Giusti si è guadagnato titoli di merito per la sua lunga fuga di oltre 60 chilometri … Una manifestazione che onora lo sport ciclistico. Un plauso a tutti quelli che hanno collaborato: direttore di corsa (sig. Reggianini), dirigenti della Pavullese, ufficiali di gara e Polizia Stradale … A Sestola Giusti è in testa con 2’40”su Venturelli, Mazzacurati e Minieri. I corridori si precipitano su Montecreto, ove il verde delle piante e dei freschi prati dà la sensazione di essere in un’oasi serena di pace. A Pievepelago Giusti ha un vantaggio di 3’20”. E’ la salita di Barigazzo che dà un volto alla corsa: all’inizio dell’erta Venturelli si alza sui pedali, scatta rabbiosamente e, nel breve tratto di un chilometro, fa fuori Mazzacurati e Minieri, con un impeto da gran campione. Giusti, in testa, tenta di resistere alla poderosa azione di Venturelli. Si fa distinguere per il suo coraggio, è in fuga da oltre 60 Km., per la sua buona volontà e anche per le sue qualità che, nel complesso, sono buone. L’azione di Venturelli è magnifica, la sua pedalata efficacissima, il suo rincorrere è furioso. Anche Giusti deve cedere davanti alla potenza del giovane portacolori della Pavullese. Venturelli scala l’ultima erta del Barigazzo con agilità e disinvoltura, essendosi lasciati alle spalle, ma ormai lontani, gli avversari più irriducibili. Dopo il Barigazzo e mentre sta conducendo a termine la sua lodevole impresa, per le strade, al suo passaggio, la gente esulta perché non soltanto ritrova l’atleta del suo cuore e della sua passione, ma scopre una grande promessa del ciclismo. Un quadro, questo, sempre rinnovantesi sino a Pavullo: Venturelli è irresistibile e s’invola verso il traguardo non più tanto lontano. Sulla dirittura d’arrivo Venturelli giunge dopo una furiosa galoppata, accolto festosamente da un pubblico numeroso, mentre da mille bocche si leva il nome del conterraneo”. Venturelli percors ei 134 Km. in 4h10’, a 32,360 Km/h; 2° Giordano Giusti a 5’10”; 3° Italo Mazzacurati a 7’; 4° Mario Minieri a 8’55”; 8° Ermanno Benetti (U.S.Pavullese) a 12’10”.
Tornando alla vittoria nel “Piccolo Giro di Lombardia”, su “Stadio” di martedì 15 ottobre 1957, a firma di Nino Rota, comparve il seguente articolo dal titolo “Romeo Venturelli di Pavullo: si parlerà ancora di lui”: “Romeo Venturelli, è noto, in salita va a nozze. Eppure il Ghisallo, un’arrampicata che egli particolarmente predilige, gli ha giocato un brutto scherzo. Le cose, fino a quel momento, erano andate secondo i suoi piani: il controllo della corsa sul S.Fermo e sulla Cappelletta era rimasto in suo possesso ed era proprio il Ghisallo che avrebbe dovuro costituire il suo trampolino di lancio verso la vittoria. La scalata era andata liscia fino a metà: Romeo aveva raggiunto e superato Menini e Fontana, i battistrada della corsa, ai piedi della salita e si preparava a sferrare il suo attacco quando fu preceduto nelle sue intenzioni da quel diavolo del triestino Sarazin. E’ questi un arrampicatore di tendenze diametralmente opposte al pavullese, il suo stile è tutto agilità e scatto mentre quello di Venturelli è progressione, potenza. Così Sarazin ha preso il volo un istante prima e l’emiliano, cercando di reagire immediatamente, si è quasi imballato ed ha proseguito fino alla vetta soffrendo le pene dell’inferno. Il distacco tra i due, al culmine, non era andato oltre i 30” scarsi. Il grande cuore di Venturelli aveva vinto: infatti la discesa annullava la crisetta ed in pianura venivano a galla le sue formidabili doti di potenza e di recupero … Così il “Piccolo Giro di Lombardia” si è concluso con una volata a sei e con la meritatissima vittoria di Romeo Venturelli. Una vittoria conquistata con un cuore grosso così. Forse passerà di categoria il diciannovenne Romeo (almeno così vorrebbe Fausto Coppi, suo autorevole protettore). E’ certo che anche tra i “grandi” sentiremo parlare di lui”.
Sempre dopo la vittoria al “Piccolo Giro di Lombardia, su “La Gazzetta dello Sport” del 15 ottobre 1957 comparve un commento del C.T. Proietti: “Sulla posizione in macchina di Romeo Venturelli, gli allungherei un poco il telaio e gli farei provare pedivelle di 17 centimetri e mezzo almeno. Ad ogni modo, di lui ho già parlato con Fausto Coppi con piena soddisfazione”.
Anche “Tuttosport”, lunedì 14 ottobre 1957, commentò la vittoria di “Meo” al “Piccolo Giro di Lombardia”, di 180 Km.: “ … La tattica di Venturelli, che si era mantenuto prudente sul Ghisallo, anche perché non si sentiva troppo bene (era afflitto da due foruncoli e da disturbi di stomaco) cominciava a dare i suoi frutti. Quanto meno la corsa si sarebbe risolta in volata sul rettilineo d’arrivo. In questo caso il pavullese avrebbe detto la sua … I sei fuggitivi (Romeo Venturelli, Marino Fontana, Gianni Colombo, Giacomo Grioni, Gaetano Sarazin, Romano Ruga, giunti nell’ordine) arrivavano così in vista del traguardo. Il primo allungo lo operava Fontana a circa 400 metri dallo striscione, rispondeva però Venturelli assumendo la direzione della volata. Il pavullese era meraviglioso nello sforzo decisivo: con uno scatto bruciante egli superava Fontana e precedeva nettamente tutti gli altri sotto lo striscione”. “Meo” vinse in 4h43’, a 38,162 Km/h.
Su “Il piccolo”, quotidiano di Trieste, di martedì 29 ottobre 1957, comparve un articolo sulle “Cronache sportive” di pag.7 intitolato “A Venturelli il Trofeo della Vittoria – SULLA BASOVIZZANA E’ SPUNTATA UNA STELLA – Il ragazzo emiliano ha nel sangue il senso della gara”: “… Anche quest’anno la classica di chiusura ha registrato la vittoria di un extra-regionale. Ha vinto un emiliano, il giovanissimo Romeo Venturelli di Pavullo (Modena) che ha ripetuto l’impresa andata bene, l’anno scorso, al suo corregionale Margotti di Ravenna. Uno stagionato muratore quello di ieri, un imberbe giovincello quello di oggi. Venturelli, che ha diciotto anni e mezzo, è al suo primo anno di attività dilettantistica e in questo finale di stagione si è prepotentemente affacciato alla ribalta nazionale con sorprendenti ma persuasive affermazioni contro tutti gli azzurri che hanno difeso le possibilità del nostro dilettantismo agli ultimi mondiali di Waregem … Saggio distributore delle sue forze, tattico intelligente, forte sul passo e fortissimo in salita, il ragazzone ha dominato il Trofeo della Vittoria dall’alto di una classe ancora allo stato potenziale ma che non dovrebbe tardare a esplodere. Le centinaia di triestini che lo hanno visto all’opera lungo la salita di Prosecco e più ancora su quella della Basovizzana, dove si trattava di andare ad agguantare il terzetto dei protagonisti dell’ultima fuga, sono ancora a bocca aperta dallo stupore. Non per nulla Fausto Coppi gli ha messo gli occhi addosso e lo vorrebbe con sé nella prossima stagione … Dopo aver raggiunto il terzetto in fuga sulla Basovizzana, Venturelli passò in testa a tirare con il risultato di staccare tutti di una cinquantina di metri. Lo abbiamo avvicinato e ci ha chiesto quanto mancava ancora al traguardo. Saputo che si trattava di poco più di una ventina di chilometri, si rialzò e attese i due compagni che lo seguivano a distanza per proseguire con loro la fuga e batterli con facilità sul traguardo. Questo dimostra che il ragazzo ha le idee chiare sulle sue possibilità ed ha valutato bene quelle degli altri”.
Lunedì 28 ottobre 1957 comparve il commento, sul “Messaggero del lunedì” di Pordenone, sulla vittoria di Romeo Venturelli al Trofeo della Vittoria di Trieste (titolo “Irresistibile Venturelli davanti a Liviero e Ibrioli”): “ … Venturelli ha accettato a viso aperto la sfida, poi vincente soprattutto per la maniera con la quale, proprio nel finale e quando sembrava che i veneti avessero partita vinta, è venuto fuori di prepotenza. Venturelli è indubbiamente, almeno da quanto ha dato a vedere in questa sua prestazione, un giovane di grandi promesse. Possiede, cioè, tutte le doti per diventare qualcuno nel campo dei valori nazionali in quanto è parso fortissimo sul passo e irresistibile in salita, senza contare che si è poi prodotto in uno spunto veloce sotto lo striscione rosso che nessuno gli avrebbe accreditato dopo uno sforzo così prolungato, reso ancor più duro per il continuo rintuzzare dei tentativi prodotti da quel quartetto indiavolato dei bianco-amaranto mestrini che, di volta in volta, avevano mandato all’arrembaggio Dal Col, Varago, Vallotto e Menini”.
Il quotidiano sportivo “Stadio”, il 30 gennaio 1958, pubblicava a tutta pagina 7 la classifica dei migliori corridori italiano dilettanti: in base ai risultati conseguiti nel 1957 il miglior dilettante fu giudicato Arnaldo Pambianco (58 punti) e Romeo Venturelli finì al 9° posto (35 punti). Ermanno Mioli, nel commentare la classifica giudicò “Meo” così: “Rivelazione Venturelli, un giovanissimo di grandi possibilità, qualcosa di più di una promessa”.
Nel 1958, con 14 vittorie, risultò, nella graduatoria nazionale, al secondo posto, dietro Livio Trapè. Le sue migliori affermazioni furono nell'internazionale Coppa Fusar Poli a Romano Lombardo, nella "Coppa Magistri" (davanti a Giordano Giusti), nel G.P. Giglio a Roma (2° Trape'), nel G.P. Stra, nelle prove di selezione di Lugagnano e di Fivizzano, nella terza tappa della San Pellegrino, nel Trofeo Pizzoli e nel G.P. Del Rosso a Montecatini, nella Coppa Santini a Prato, nella corsa di Galciana di Prato (con Luciano Veggetti al 2° posto e con Ermanno Benetti al 4°) e a Figline di Prato (2° Chiodini). Giunse, invece, 2° al "Giro del Frignano" e vinse il primo "Circuito di Pavullo".
Nino Rota, giornalista di “Stadio”, così commentò, il 14 aprile 1958, la vittoria di “Meo” alla Coppa “Fusar Poli”: “La conferma che Romeo Venturelli era ormai vicino alla migliore condizione, è venuta, strepitosa, qui a Romano di Lombardia, in una corsa che molti non credevano adatta alle sue possibilità perché piatta come un biliardo. Ebbene il pavullese, a quanti dubitavano di lui, ha dato una dimostrazione di classe fuori dal comune, battendo, al termine di una corsa resa massacrante dal freddo e dalla pioggia, tutti i migliori passisti veloci a disposizione sulla piazza. Quello scoperto oggi è dunque un Venturelli quasi inedito, poiché ci ha svelato una qualità ancora non completamente nota nel suo inesauribile repertorio: la volata lunga, irresistibile, demolitrice, una volata che ha saputo sgominare velocisti patentati quali Bocconi e Ippoliti, protagonisti con lui e con i generosi Vanzella e Marinoni del riuscito tentativo finale. Appianato ogni attrito (se pur di attrito si può parlare) con gli ottimi dirigenti della “Pavullese”, oggi il C.T. Proietti può contare su Venturelli come su di una pedina certa per la prossima Varsavia-Berlino-Praga. E la soddisfazione che, all’arrivo, traspariva dal faccione del tecnico romano era il più bel commento alla prestazione del giovanissimo gigante di Pavullo … Ancora un paio di chilometri all’arrivo, quindi Venturelli passava al comando, scattava fortissimo e solo in quattro gli resistevano: Bocconi, Mariani, Ippoliti e l’ammirevole Vanzella. Si era alle porte di Ghisalba: il gioco era fatto. Il quintetto viaggiava spedito al traguardo mantenendo baldanzosamente la reazione del gruppo. Sul rettilineo d’arrivo Venturelli partiva come un bolide a poco meno di cinquecento metri dallo striscione. Niente da fare. Il veloce Bocconi, rinvenuto fortissimo, non poteva finire oltre la pedaliera dell’emiliano”. Venturelli percorse i 148 Km. del percorso in 3h36’, alla media di 41,339 Km/h.
Nel maggio 1958 era prevista la “Varsavia Praga Berlino” (un anno si partiva da Varsavia e un anno da Berlino), la più prestigiosa corsa a tappe per dilettanti, una specie di Tour de France. Il C.T. della Nazionale, Giovanni Proietti, voleva inviare Meo oltre a Livio Trapè e ad altri quattro corridori italiani, ma Trento Montanini si opponeva perché non pensava fosse il caso (“corsa troppo dura e troppo giovane Meo”): alla fine si giunse a un compromesso (“Meo disse Trento va a correre e a respirare aria internazionale ma deve poi ritirarsi dopo qualche tappa”). Gli altri italiani erano Remo Tamagni (che aveva battuto Meo a Caivano) Vendramino Bariviera, Walter Busi, Vincenzo Zucconelli e Pietro Zoppas. Prima tappa (circuito di Varsavia) con Meo settimo. Poi fece due quinti posti, un settimo, un decimo e un ventinovesimo. Non arrivò a Berlino in quanto si ritirò dopo la sesta tappa.
Sempre nel 1958 partecipò, con la Nazionale Italiana, al "Campionato Mondiale" su strada per dilettanti, a Reims. Tre corridori italiani (Martini, Trapè e Venturelli) dominarono la corsa con una lunga fuga; ripresi verso la fine, facevano parte, con l'altro italiano Bampi, di un gruppetto di nove corridori e, mentre si preannunciava un clamoroso successo collettivo, giungeva la mazzata più inattesa con la vittoria, in volata, di Schur, con Romeo solo al quinto posto.
Alla fine del 1958 “Meo” lasciò l’ U.S. Pavullese per passare alla “Brooklyn” di Empoli. La cosa “fece rumore” a Pavullo, e lo testimonia quest’articolo, dal titolo “Giulietta e Romeo” comparso su “La strenna pavullese” uscita nel dicembre 1958:
“Romeo Venturelli, l’idolo delle folle sportive e non della nostra zona, ha piantato in asso “La Pavullese”, amici e compaesani e si è tesserato per il Gruppo Sportivo Brooklyn di Empoli!
Questa la sensazionale notizia, già vecchia per Pavullo, che desterà senza meno stupore e vivo rammarico negli sportivi pavullesi che vivono lontani dal loro paese, in territorio nazionale o in terra straniera, in quegli sportivi, soprattutto, che sempre hanno seguito le imprese del corridore Venturelli, esultando nel vedere salire in alto, attraverso le sue vittorie, il nome del loro piccolo paese natio.
Il motivo dell’abbandono? Ecco qui, in breve, la storia del “fattaccio” (attraverso il comunicato ufficiale diramato dalla U.S. Pavullese e qui riportato, n.d.r.):
“”Per la stagione 1959 l’Unione Sportiva Pavullese ha già pienamente accettate le onerose richieste di Venturelli, ricorrendo ancora, naturalmente, ai sacrifici dell’intera popolazione che, da quasi cinque anni, con tanta generosità e con la più affettuosa delle premure contribuisce al mantenimento del corridore. Si tratta dell’ultimo anno di “dilettantismo” dell’atleta e l’Unione Sportiva Pavullese desidera intensamente conservare a Pavullo, sino al passaggio di categoria, sano e integro, il dilettante Venturelli, genuino prodotto della nostra montagna.
Tutto sembra concluso! Nessun ostacolo intralcia l’accordo già verbalmente raggiunto e già gli sportivi pavullesi si apprestano a brindare alle future vittorie di Venturelli e delle gloriose casacche bianco-azzurro della “Pavullese”. Tutti felici, dunque, sino a quando, fulmine a ciel sereno, giunge la tremenda notizia: “Romeo vuole la…Giulietta!!”.
Sembra, in un primo tempo, che la notizia non possa essere altro che lo scherzo di qualche fantasia bizzarra, di qualche buontempone che, abilmente, voglia divertirsi a giocare sullo storico binomio! Ma la triste verità viene presto resa nota dallo stesso Romeo il quale, pur non parlando di “Giulietta”, ammette che veramente gli frulla per il capo l’intenzione di comprarsi un’automobile.
A nulla valgono tutte le parole che da dirigenti, parenti, amici e sportivi vengono rivolte a Venturelli! Fermo nel suo proposito, Romeo non accetta consigli da nessuno: ha vent’anni e, persona navigata, conosce ormai la vita e le sue molteplici esigenze! E’ già arrivato, lui, e il lungo cammino percorso da Sassostorno agli…onori del mondo gli consente, ormai, il pieno diritto di avere ambizioni che, appena un paio di anni addietro, neanche lontanamente lo avrebbero sfiorato!
E il meschino capriccio dell’automobile, non realizzabile per il deciso e giusto divieto dell’Unione Sportiva Pavullese, fa completamente dimenticare a Romeo tutto e tutti e lo allontana irrimediabilmente da Pavullo””.
Ora certamente potrà avere la sua “Giulietta”, Romeo. Potrà godersi liberamente il frutto del suo capriccioso carattere, dal momento che la riconoscenza è una virtù rarissima, addirittura inesistente, come ci insegna una lunga esperienza. I pavullesi, ne siamo certi, continueranno comunque ad augurare a Romeo, con tutto il cuore, che in avvenire, oltre alla sua “Giulietta”, possa ancora trovare quella vera comprensione e quel grande affetto che la popolazione nostrana gli ha sempre dimostrato, al solo scopo di indirizzarlo ad una grande e luminosa carriera”.
Nel 1959 risultò il migliore dilettante italiano grazie alle 23 vittorie stagionali, ottenute sia in Italia che in campo internazionale: tra queste ultime da ricordare la sua 2^ partecipazione alla "Corsa della Pace" (Berlino - Praga - Varsavia), dove terminò al 2° posto assoluto nella classifica finale, dopo aver vinto 3 tappe (di cui le 2 a cronometro) e dopo aver tenuto a lungo la maglia di leader in classifica generale.
Il campionato del Mondo 1959 si svolse a Zandvoort (Olanda). Il C.T. Proietti voleva assegnare a Venturelli il ruolo di capitano, ma il circuito era piatto, da velocisti puri, cosicché Venturelli e Trapè dovevano menare le danze, davanti in fuga, preparando la volata finale per Chiodini e Zorzi. Verso la fine della corsa, a gruppo compatto, Trapè e Venturelli lavorarono sodo per Chiodini e Zorzi: poi Chiodini forò e poi, per altri problemi tecnici alla bicicletta, accumulò 1’ di ritardo. Il piano così saltò e, nella volata finale, gli italiani non poterono fare nulla di buono.
Dopo Il Mondiale, altra prestigiosa affermazione fu la "Ruota d'Oro", corsa internazionale che si svolgeva in Lombardia in 4 tappe. L'anno terminava con la vittoria nel "Trofeo Baracchi" per dilettanti, in coppia con Livio Trapè, coprendo i 116
Km. del percorso a 44,600 Km/h. Tra le altre vittorie nazionali, sono da ricordare quelle di Monsummano, di Mirandola, di
Monterappoli, di Serravalle Pistoiese, di S. Stefano Magra, della Bassano - Trento, di Livorno, di Rignano sull'Arno, della Coppa Burci a Firenze, del G.P. Liberazione di Roma, della Modena - Lama Mocogno, del Giro del Frignano, della
Milano-Montevecchia.
Da “La Gazzetta dell’Emilia” del 1° dicembre 1959 (articolo di Bruno Storchi, intitolato “In Romeo Venturelli i modenesi hanno il loro grande campione”): “ … Il ragazzo di Sassostorno è diventato un personaggio alla maniera dei grandi campioni. Quando ancora ragazzetto, mentre conduceva il gregge nell’immensa pianura padana per il pascolo autunnale, riesce ad imporsi privazioni e sacrifici per realizzare un suo sogno: l’acquisto di una bicicletta da corsa. Nella primavera, siamo nell’anno 1954, ritorna a Sassostorno, felice del suo acquisto. Non ha ancora il tempo di allenarsi ed quindi non può iniziare una vera e propria attività agonistica. Tutto il giorno è impegnato con il suo gregge e quindi non gli rimane che la notte per contemplare la sua cara e amica bicicletta. Verso la fine della stagione si presenta alla prima gara in Toscana, riuscendo a piazzarsi tredicesimo. Nella seconda gara si comportò meglio, arrivò secondo a Reggio Emilia. Così, da semplice ed umile pecoraro, Meo divenne corridore ciclista … E’ un ragazzo che piace perché, dicevano i più, corre alla maniera dei campioni. Non ama le tattiche attendiste, attacca in salita, sul piano, ovunque si trovi e vince per distacco od in volata”.
E poi fu vinse la Coppa “Fusar Poli”, la “Targa Magistri” a Varese, il G.P. Giglio a Roma, il “Trofeo Pizzoli” a Bologna, il G.P. “Del Rosso” a Montecatini Terme, il G.P. “Belvedere” a Fivizzano, il G.P. “Saice” a Lugagnano, il “Circuito degli Assi” di Pavullo nel Frignano (Modena). Fu 2° ai campionati regionali a Bologna e 6° ai campionati italiani a Roma.
“La Gazzetta dell’Emilia”, il 3 dicembre 1959, dedicò la pag. 7 alla premiazione, a Modena, di numerosi atleti modenesi alla “Festa dello Sport” del Panathlon Club di Modena. Il presidente dell’U.V.I., Gr. Uff. Adriano Rodoni, consegnò a Romeo Venturelli il Premio “Panathlon Club Modena” (Medaglia d’Oro) quale miglior atleta del 1959. Premi di riconoscimento a Pier Luigi Tedeschi (pallavolo), Francesco Villa (motociclismo), Luciano Ansaloni (atletica leggera). Premio di incoraggiamento a Giorgio Bertolani (anni 13), primo nel Gran premio Federale dei Ragazzi. Distintivo d’oro del Panathlon in riconoscimento ad istruttori-allenatori: prof. Fernando Ponzoni (allenatore atletica leggera de “La Fratellanza”), Renzo Rebuttini (società “Panaro”, direttore tecnico del Comitato Emiliano di ginnastica artistica), prof. Franco Anderlini (allenatore di pallavolo della “Avia Pervia”). “Meo” ricevette il premio con la seguente motivazione: “Ciclista dilettante, forte scalatore, formidabile nel passo e nelle corse contro il cronometro. E’ un atleta completo e una sicura speranza del ciclismo italiano”. Bruno Storchi pubblicò pure una sua intervista a “Meo”, concessa in quell’occasione (ecco alcuni punti salienti): “Prediligo le corse dure, disputate nelle peggiori condizioni ambientali. Alcune corse d’inizio stagione sono, a tal proposito, le più adatte: Sanremo, Parigi-Roubaix etc … La “bomba” è senza dubbio un qualcosa di vero, che esiste e che purtroppo non è affatto una favola scandalistica. Io la conosco pur non facendone assolutamente uso. Se esistono corridori che vanno avanti a “bombe” (e ne esistono) peggio per loro! … Trascorrerò un mese di perfetta vacanza nella mia Pavullo. Farò dello sci, respirerò soprattutto aria buona. Poi in gennaio ho intenzione di partecipare a numerosi criterium e premi d’apertura al fine di potermi allenare per il Giro della Sardegna e per la “Sanremo”. Intendo percorrere distanze aumentate via via, secondo un piano prestabilito che concorderò con Coppo sabato prossimo. Non è improbabile che mi rechi ad Acqui per un periodo di cure di acque … Sono sempre lieto di poter correre all’estero dal momento che son fatto segno a manifestazioni di schietta simpatia. Nella Berlino-Praga-Varsavia mi è stata riservata un’accoglienza cordiale che mi ha fatto tanto gioire. Mi piacerebbe l’anno prossimo disputare corse in linea francesi e belghe … Tutte le classiche mi fanno gola e ciò è comprensibile. Ad ogni modo, la “Sanremo” acquista un posto privilegiato nei miei programmi”>.
Il quotidiano sportivo bolognese “Stadio” era solito, con una sua particolare metodica di punteggio, classificare i migliori corridori ciclistici dilettanti italiani. Alla fine della stagione 1959 primo fu Romeo Venturelli (73 punti), davanti a Livio Trapè (67 punti) e a Renato Giusti (55 punti). Ermanno Mioli così commentò la classifica: “Mai negli ultimi anni tanta incertezza nel definire il miglior dilettante italiano. Il particolare punteggio che “Stadio” usa ormai da un decennio per stilare la graduatoria di merito ha tagliato corto ad ogni perplessità. Romeo Venturelli e Livio Trapè, come giudizio soggettivo, potevano essere collocati sullo stesso piano; andando però ad esaminare la lunga stagione di entrambi, valutando con assoluta obiettività gara per gara, piazzamento per piazzamento, il responso che assegna al giovane pavullese il primo posto deve essere ritenuto giusto e attendibile … Guardate il ruolino di Venturelli: non c’è un mese (da marzo a ottobre) che non registri una o più vittorie. Talchè si è indotti a pensare a un atleta costante. E le cifre danno perfettamente ragione a Venturelli, per cui ci sentiamo perfettamente tranquilli sul verdetto. Sia comunque chiaro che sul piano delle possibilità e del valore atletico non ci sentiamo di fare troppe differenze … I loro successi ottenuti alla maniera forte, la loro prestanza fisica, le loro disposizioni stilistiche dovrebbero costituire una valida garanzia. Entrambi passisti scalatori di notevole forza, possono equivalersi nelle due specialità anche se il laziale di Montefiascone è più agile e l’emiliano più potente. Venturelli è comunque superiore al rivale in volata. Potrebbe diventare il prototipo di corridore moderno che sa anche destreggiarsi in quei “rush” affollati che sono ormai la caratteristica principale delle corse d’oggi … Venturelli e Trapè. Dopo … il vuoto!”.
Il 1960 vide il suo passaggio al professionismo con la maglia della "San Pellegrino". Da ricordare la sua partecipazione alla "Parigi - Nizza", specie per la sua sensazionale vittoria nella tappa a cronometro di Nimes ( 14 marzo ), dove superò i grandi specialisti francesi Anquetil e Rivière, e per il 2° posto, dopo un gran finale, nella tappa di Manosque.
Romeo corse poi, il 19 marzo 1960, la classicissima di primavera “Milano Sanremo”: era in fuga con Gianni Motta, quando cadde nella discesa del Passo del Turchino e, alla fine, si classificò al 13° posto, dopo che Padovan lo aveva trattenuto per la maglia nella volata finale. La vittoria fu del francese Renè Privat (la più bella vittoria della sua carriera), davanti al connazionale Graczyk e al belga Molenaers, con il gruppo a 1’40”. Per la volata del gruppo, Padovan (“un bandito”, secondo Venturelli) fu penalizzato e retrocesso all’ultimo posto di quel plotone, anche se questo non fu di nessun risarcimento per Meo.
Il 21 marzo prese parte alla corsa a tappe “Genova Roma”. 71° alla prima tappa Genova Viareggio. Seconda tappa, Viareggio Reggio Emilia: grande vittoria al termine di una poderosa volata davanti a Guido Carlesi e al francese Andrè Darrigade, due grandi velocisti. Terza tappa, Reggio Emilia Firenze: 28°. Quarta tappa, Firenze Poggibonsi: non partito (ufficialmente “bronchite” con problemi “a tirare il fiato”: non sanno se credergli). Jean Bobet, fratello del grande corridore Louison e giornalista del “L’Equipe”, così commentava: “Il mio miglior ricordo di Venturelli è quella tappa della Genova Roma, quando vinse dopo essersi portato benissimo in montagna e aver terminato un entusiasmante inseguimento. Penso veramente che Venturelli possa essere il grande campione italiano del domani”:
Il 28 marzo 1960 comparve su “La Gazzetta dell’Emilia” un articolo dal titolo “Venturelli smentisce il suo prossimo matrimonio” e dal sottotitolo “Si è allenato ieri percorrendo 100 chilometri – Oggi visita per il servizio militare”: “Romeo Venturelli ha compiuto ieri un allenamento sulle strade dell’appennino di circa 100 chilometri. Poco dopo le otto è partito, nonostante il tempo incerto, da Pavullo ed ha raggiunto Maranello ove era ad attenderlo il compagno di squadra della S. Pellegrino Nunzio Pellicciari. I due attraverso Pozza, Solignano, Spilamberto, Vignola sono saliti attraverso Festà a Pavullo. Alle 13 il pavullese era già di ritorno a casa. La sua pedalata è sempre stata sciolta e le sue condizioni fisiche generali erano assai soddisfacenti. Venturelli non accusa quasi più il disturbo bronchiale che lo aveva costretto al ritiro nella Genova-Roma. Era un po’ irritato per la pubblicazione di una notizia che gli ha dato fastidio e per la quale egli sarebbe rientrato a Pavullo per … sposarsi: “Niente di più falso – ha detto Venturelli – tanto più che con la ragazza cui si alludeva nella corrispondenza di questa mattina non vi sono più che buoni rapporti di amicizia”. Venturelli questa mattina si presenterà alla visita per la chiamata di leva del servizio militare. Dopo rientrerà a Pavullo per proseguire nell’atmosfera famigliare la sua preparazione. Venturelli in questo momento pensa la Giro d’Italia. La grande prova a tappe italiana lo seduce; la sua preparazione da questo momento sarà dedicata al suo debutto in quella che è il banco di prova degli aspiranti assi”.
Il 10 aprile corse a Modena il Circuito degli Assi, sui viali della circonvallazione (viale Reiter, viale Ricci, via Castiglioni, viale Caduti in Guerra).
Il 17 aprile corse il Giro di Romagna, che mise in luce un Romeo bravissimo, ma ancora immaturo e costretto al ritiro.
Il 1° maggio è in corsa sui 115 Km. del circuito di Morazzone (Varese), con avversari come Darrigade (Campione del Mondo 1959) e Van Looy (Campione del Mondo in quel 1960 e poi anche nel 1961). Meo, dei Campioni del Mondo, se ne frega. Dà un’occhiata a una vetrina dove sono esposti i premi, tra cui una targhetta (forse d’oro) , intestata a Fausto Coppi, che gli piace. Il circuito è a punti, ogni cinque giri uno sprint, lo sprint è in leggera salita al 2-3%. Premi e punteggi: Meo fa i conti. Primo giro: Meo su Van Looy di mezza ruota. Secondo giro: Meo su Van Looy di una macchina. Terzo giro: Meo su Van Looy per distacco. Quarto giro: Van Looy, depresso, non fa più volate. Neanche Meo la fa più: ha già incamerato i punti giusti per vincere quella targhetta! Finirà quinto. Da quel giorno Van Looy non dimenticherà più Venturelli. “L’unico che temo”, continuava a dirlo anche dopo anni e anche spiegava: “L’unico italiano che va ad allenarsi quando piove”.
Al Giro di Romandia, naturale preludio al Giro d’Italia, Venturelli andò. Prima tappa, Nyon Montana, arrivo in salita: a due chilometri dall’arrivo rimasero in quattro. Scattò Anquetil, Meo lo seguì, lo affiancò, gli chiese “Ma dove vai?”, lo staccò di ruota e vinse con 1’20” sullo stesso Anquetil. Seconda e terza tappa: piazzato. Quarta tappa, Morges Nyos, 35,800 Km. a cronometro: secondo dietro Anquetil. Fu 9° nella classifica generale e 1° in quella dei gran premi della montagna.
Sempre nel 1960 ci fu l'apice della sua carriera, con la conquista della maglia rosa al "Giro d'Italia" per la grande vittoria nella tappa a cronometro di Sorrento, in cui riuscì a battere di nuovo Jacques Anquetil ( venerdi 20 maggio). All'entusiasmo degli sportivi italiani e, in particolare, di quelli pavullesi (mentre la RAI trasmetteva la tappa, le vie del paese erano completamente deserte) seguì la più profonda delusione per il repentino e inaspettato ritiro, come si può dedurre dallo scritto su Romeo Venturelli di Beppe Conti sul suo libro “100 storie del Giro 1909-2009” (pagg. 109-110, con il capitolo n.45 “Venturelli batte Anquetil poi va in fuga in Svezia”), che qui si riporta integralmente:
“Che talento sprecato Romeo Venturelli! E che fenomeno! Batteva Anquetil a cronometro al debutto tra i professionisti. Ma si perse subito per strada, ammaliato dai piaceri della vita, una vita sregolata e spericolata molto tempo prima di Vasco Rossi. E tutti a dire, a scrivere ed a sentenziare al suo apparire in scena in quella primavera del ’60, che soltanto se fosse rimasto in vita Coppi, il suo maestro, l’unico al quale credeva ciecamente, Romeo avrebbe potuto recitare al proscenio per chissà quanti anni e su quanti traguardi.
Era uno degli allievi prediletti da Fausto, il modenese. Avrebbero dovuto gareggiare in squadra assieme nel ’60 nella San Pellegrino, in virtù di quella simpatica trovata pubblicitaria dell’epoca, Bartali sull’ammiraglia, Coppi per l’ultima stagione in gruppo ad allevare talenti, primo su tutti lui, Romeo Venturelli.
Ma la scomparsa improvvisa ed assurda del Campionissimo risultò fatale al bel Romeo, che illuse tutti vivendo una giornata di gloria proprio nell’avvio del Giro d’Italia ’60. Aveva già battuto Anquetil e Rivière alla Parigi-Nizza. Aveva vinto anche al Giro di Romancia. Insomma, alla partenza del Giro in tanti ci speravano.
Era partita da Roma la corsa rosa, per celebrare con suggestione i Giochi Olimpici di quella favolosa estate. Prima tappa a Napoli, sprint vincente del ferrarese Dino Bruni, nonostante Van Looy ed i fiamminghi. Poi, al secondo giorno, ecco la crono di Sorrento su strade insidiose ed un po’ tortuose, 25 Km. a dettare la prima vera classifica in quell’incantevole scenario, con Jacques Anquetil favorito di tutti.
Ma Romeo Venturelli fece sensazione. Battè Anquetil di 6”, lasciò gli altri personaggi più attesi a distacchi notevoli per una distanza così breve, 1’ a Nencini, 1’13” ad uno specialista come Baldini, 1’29” a Massignan, 1’53” a Gaul. Sì, Venturelli subito in rosa, fra gli applausi di tutti ed i peana sui giornali, nel ricordo e nel segno di Coppi, che tanto aveva creduto in lui.
Durò purtroppo lo spazio di un giorno quella gloria più che mai effimera. Da Sorrento il Giro andava a Campobasso, tappa insidiosa nel finale, rimasero a galla una quindicina di corridori, illustri le vittime, compreso Gastone Nencini, che quel Giro poi lo perderà per 28”.
E compreso Venturelli, che forse aveva pagato gli sforzi della gara contro il tempo. Fra l’altro all’epoca c’era chi non si faceva nessuno scrupolo, l’antidoping era ancora lontano e lui, Venturelli, raccontò ai giornalisti come preparava le crono, spavaldo e divertito: “Un bel bisteccone e 25 gocce di simpatol”.
Mangiare e bere gli piaceva parecchio, Era goloso soprattutto di sottaceti. E diede la colpa proprio al cibo quando, alla quinta tappa, già si ritirò, in preda a forti dolori di pancia, scalando il Terminillo. Era la frazione da Pescara a Rieti. Addio sogni di gloria per quel ragazzo attorno al quale si raccontarono mille e più di mille storie a tinte forti. Uno dei massimi talenti sprecati nella nostra storia ciclistica. Smise di correre in quegli anni, ancora ragazzo. Poi riprese, senza fortuna, cambiando squadra ogni anno, facendo fatica ogni volta a trovare persone disposte a crederci ancora. Pur confermando spesso che il talento c’era. E Luciano Armani, che aveva diviso con lui il ritorno alla Bianchi nel ’65, un giorno ci ha raccontato un dettaglio, per fare un esempio. “Dovevamo andare alla partenza d’una corsa d’un certo peso nel milanese, una classica, forse la Coppa Bernocchi. Lui, in auto dal modenese verso Milano, diede un passaggio a due ragazze svedesi che facevano l’autostop. Erano brillanti, sveglie, molto belle. E dopo pochi minuti di quel viaggio, Venturelli decise che le avrebbe accompagnate in auto fino in Svezia. Senza avvertire nessuno. Sparito, volatilizzato per giorni e giorni, mentre la squadra lo stava aspettando al via di quella corsa, in un’epoca in cui senza telefonini, con poche autostrade, era difficile rintracciare una persona che si era dileguata”.
I dolori di pancia, causa del ritiro al Giro d’Italia, furono dovuti all’incongrua ingestione, per il gran caldo alla salita del Terminillo, di una limonata gelida seguita da un litro di latte freddo: cosa confermata dal pavullese Sig. Trento Montanini, “vecchio” dirigente ciclistico pavullese e amico intimo di Romeo Venturelli: lo stesso Romeo confermò personalmente (in un incontro dell’agosto 2009, presenti vecchie “glorie” pavullesi e il giornalista Marco Pastonesi de “La Gazzetta dello Sport”, che aveva iniziato a scrivere un libro sulla sua biografia sportiva) questo micidiale “coktail”, al quale lui stesso disse di averci aggiunto anche dello champagne! Lo stesso Romeo affermò che, il giorno seguente alla crono di Sorrento e mentre si andava a Campobasso, per la gran sete si fermò a bere in una pozza di acqua che era per terra!
Tornando alla crono di Sorrento, la bella prestazione fu anche dovuta allo stimolo involontario del grande corridore piemontese Nino De Filippis, partente subito dopo Romeo, che gli disse subito prima della partenza: “Guarda che ti prendo!”. I rischi, che si prese Venturelli, specie nei tratti in discesa, furono notevoli tanto che qui staccava i poliziotti che lo seguivano in moto!
A metà giugno 1960 giunse 8° al “Tendicollo” di Forlì, commentato il 18 giugno 1960 su “La Gazzetta dell’Emilia” in una articolo dal titolo “Tracollo al “Tendicollo” del capriccioso Venturelli” e dal sottotitolo “L’ottavo posto occupato dal campione pavullese ha deluso i suoi sostenitori locali, i quali erano “scesi” in massa e con ogni mezzo in Romagna” e, tra altre cose, con il seguente commento finale: “ … L’ottavo posto, a oltre 6’ dal primo, non può che essere battezzato un … “tracollo al tendicollo”. Il ragazzo comunque è giovane e, se vorrà, potrà riprendersi brillantemente perché ne ha i mezzi fisici. Dovrà, tuttavia, tenere sempre presente, in ogni momento della sua carriera, che capricci e affermazioni non potranno mai andare d’accordo; o si abbandonano i primi e si potranno ottenere brillanti affermazioni, oppure nei primi ci si culla e allora si abbandoni lo sport attivo affinchè lo stesso non diventi una turlupinatura verso gli sportivi e gli appassionati che soffrono le vicissitudini del proprio campione”.
“La Gazzetta dell’Emilia” pubblicò, il 17 settembre 1960, un articolo dal titolo “Ha ripreso gli allenamenti il granatiere Romeo Venturelli” e dal sottotitolo “Egli prenderà parte – così ci ha dichiarato – al prossimo Giro dell’Emilia, ove spera di mettere in luce le sue indubbie doti di forte passista e velocista – Si è fermato qualche giorno a Pavullo grazie a una licenza premio”. Nel 1960, infatti, “Meo” prestò servizio militare presso il C.A.R. di Orvieto per poi essere assegnato al 38° Reggimento Granatieri di Roma presso il Primo Gruppo Atletico: “Fu particolarmente soddisfatto di questa nuova destinazione che gli ha permesso, dopo la vita dura del C.A.R., di riprendere gli allenamenti … Nella forzata austerity del clima di caserma l’asso pavullese dovrebbe senz’altro ritrovare morale e mordente: nelle prossime gare, quindi, si potrà vedere il suo reale valore atletico e misurare le sue capacità di rimonta nonché la sua tenacia”.
“La Gazzetta dell’Emilia” pubblicò, il 5 ottobre 1960, un articolo dal titolo “Cronistoria di 6 minuti – E’ passato da Pavullo il Giro dell’Emilia”: “Tutta Pavullo ieri era scesa in strada per attendere il passaggio di Romeo Venturelli. Fin dal mattino erano comparse numerose scritte sull’asfalto che, con il passare delle ore, si moltiplicavano: “Viva Venturelli!”, “Forza Romeo!”. Scritte dello stesso tenore si potevano leggere sui cartelli che gli inguaribili tifosi tenevano bene in vista. In tutti era la convinzione di una pronta riscossa del “Meo” nazionale. I tifosi non vogliono sentir ragioni. Il servizio militare prestato prima presso il CAR, poi a Roma nel Reggimento Granatieri, l’insufficiente preparazione, le imperfette condizioni di forma dell’atleta passavano sulla fede degli sportivi pavullesi come gocce d’acqua su un cristallo. Chi osava parlarne era guardato in cagnesco, zittito a furia di “Forza Meo!”, il suo nome veniva mentalmente scritto sulla lista nera dei traditori della patria. Nelle prime ore del pomeriggio i ciclisti sono transitati da Pavullo. Appena i primi sono scomparso dietro la curva della Pineta, i più solerti hanno cavato fuori l’orologio. Cronometri di precisione, cipolloni centenari, tutta Pavullo era con l’orologio in mano. Un minuto, due minuti. Passavano le motociclette della Polstrada, le automobili della giuria e della stampa. Tre minuti, quattro minuti. Nessuno. Finalmente Venturelli è passato con lo sguardo spento e le gambe legnose. Ha guardato un cartello e ha fatto una smorfia. Aveva sei minuti di ritardo dai primi. Sei minuti e dodici secondi, ha detto un tale mostrando il suo cronometro svizzero. La fede dei pavullesi nelle possibilità del “Meo” nazionale ha ricevuto un rude colpo. A sera nei bar le acque si sono placate. Prevaleva l’opinione che la colpa è tutta del servizio militare e che appena Venturelli sarà rodato a dovere ridiventerà il campione che tutti, a Pavullo, hanno sognato”.
Poi il Giro di Lombardia, altra “classica” del ciclismo internazionale. Verso la fine della corsa c’era la scalata al Monte Ghisallo. Sul Ghisallo, primo Conterno, poi Venturelli. Poi c’era la durissima salita del “Muro di Sormano”. Bruno Raschi, su “La Gazzetta dello Sport, così scriveva: “Il Muro di Sormano dovette apparire a tutti lungo e infinito come la scala di Giacobbe: partiva dai confini dell’inferno e andava a terminare in paradiso. Qualcuno sarebbe salito in bicicletta e qualcun altro ci sarebbe andato a piedi in un atto di umiltà al quale mai, in nessuna corsa, era stato fino a quel momento costretto. Il Muro di Sormano avrebbe davvero annientato i superbi e avrebbe magari concesso la grazia agli umili”. Sul Muro decolla Imerio Massignan. “Vedemmo Massignan, sempre Raschi, fare un profondo inchino al manubrio e salire dondolando con ritmo sempre eguale, insensibile al delirio che gli sorgeva d’ intorno. Era la sua una recitazione dovei versi della gioia si alternavano a quelli del dolore. Un’altra volta, come già sul Gavia, Imerio Massignan aveva tutta la corsa ai suoi piedi e ciò doveva bastare a renderlo orgoglioso e contento”. All’arrivo, al Vigorelli, piombarono otto corridori: primo il belga Emile Daems, secondo Ronchino, terzo Fontana, sesto Venturelli, ottavo Massignan.
Il 1960 finì con l'importante vittoria nel "Trofeo Baracchi", classica gara a cronometro a coppie, che chiudeva la stagione. A Brescia Ronchini-Venturelli vinsero, percorrendo i 110 Km. in 2h 30' 20", alla media di 43,902 Km/h, precedendo Baldini-S.Moser di 42" (Anquetil, giunto solo con quasi 3' di ritardo per la caduta del suo compagno Graf, non fu classificato).In realtà, la clamorosa vittoria al “Trofeo Baracchi” si deve ascrivere, al 90%, alla prestazione sublime di Romeo Venturelli. Infatti, a fine corsa, Diego Ronchini affermò: “Ho corso dietro motore !”; quando, praticamente, lo stesso Ronchini andava a tirare per soli 100 metri per poi dare subito il cambio a Romeo!
Da notare, inoltre, che, per il “Trofeo Baracchi”, Venturelli si allenò nel mese precedente, a Roma, mentre faceva servizio militare presso la Compagnia Atleti della Cecchignola: era programmato che facesse la corsa in coppia con Ercole Baldini, ma poi fu aggregato a Diego Ronchini.
Il Servizio Militare lo iniziò nel giugno 1960, forse per ripicca, da parte della Federazione Italiana Ciclismo, al rifiuto di Romeo di essere passato professionista nel 1960 (la Federazione gli aveva chiesto di rimanere dilettante per quell’anno per farlo correre alle Olimpiadi di Roma, cosa della quale Romeo non tenne conto specie di fronte all’offerta, circa 20 milioni di lire, per passare alla San Pellegrino): fece il C.A.R. a Orvieto, poi passò a L’Aquila e poi alla Cecchignola, doce era insieme a Vittorio Adorni, a Bailetti e all’altro ciclista pavullese Gabriele Giusti. In tutto fece 20 mesi di militare, due mesi in più del previsto per 40 giorni di C.P.R.
Il C.P.R. gli fu comminato per un fatto singolare, raccontato da Romeo stesso. Nella sua macchina gli era rimasta (come, non si sa) da L’Aquila una bomba a mano RCM e, mentre girava alla periferia di Milano avendo nella sua macchina Gino Bartali come passeggero, si fermò, la estrasse e la fece scoppiare in un campo! Tipico di Bartali il commento al fatto: “Dal collo in giù sei una Ferrari, ma dal collo in su sei…tutto da rifare!!”.
Da ricordare un fatto curioso capitatogli sempre nel 1960. Romeo, come “testimonial” della San Pellegrino, fu invitato in televisione a presenziare a una trasmissione dove il presentatore era Mike Buongiorno e dove uno dei personaggi più importanti era il grande Gino Bramieri. Ebbene, Romeo, dopo aver posato gli occhi su una ragazza che faceva parte del corpo di ballo, entrò con lei nel suo spogliatoio cosicché nessuno lo trovava più. Mike era arrabbiatissimo perché, al momento in cui Romeo doveva comparire in televisione, non c’era: fu trovato poco dopo, ma Romeo, con la sua maglia, rimase davanti agli schermi solo 2’ dei 3’ previsti dal copione, rimediandosi anche, dalla San Pellegrino, una bella multa.
Nel 1961 e nel 1962 corse con la “Molteni”, diretta da Giorgio Albani: due anni non luminosi, quasi un mezzo schifo. Nel 1961 partecipò alla “Milano Sanremo”, cadde e si ritirò per un dolore al ginocchio. Fu poi 35° nella classica del Nord “Liegi Bastone Liegi”. Si ritirò alla settima tappa del Giro d’Italia.
"La Gazzetta di Modena" del 28 gennaio 1961, a firma di Luigi Rompianesi, pubblicò un articolo dal titolo "Dopo aver ottenuto 40 giorni dall'ospedale militare - Venturelli ha lasciato Pavullo per il quartier generale di Varazze": "Romeo Venturelli è uscito ieri dall'ospedale militare di Bologna dopo un ricovero durato sei giorni per i noti disturbi visivi. Gli sono stati concessi quaranta giorni di convalescenza. Il popolare atleta si è portato nella "sua" Pavullo e subito dopo è partito per Varazze dove tutta la squadra della "Molteni" l'attendeva per dare inizio ai primi allenamenti in vista delle prossime competizioni nazionali e internazionali: "Mi sono sottoposto oggi stesso ad una visita presso il mio medico personale di Pavullo, dott. Alberto Montanari, per accertarmi che tutto funzioni bene. Così, infatti, è stato … Vorrei essere in piena forma per il 19 marzo, giorno della Milano - Sanremo, un obiettivo che mi lusinga molto. Dopo spero di partecipare al Giro d'Italia, specie dopo tutti i discorsi fasulli fatti sul mio conto dopo il ritiro del 1960 che fece tanto scalpore. Sono certo di fare un bel Giro d'Italia, quest'anno … Voglio poter dimostrare che non sono ancora "suonato" a 22 anni". A seguito di queste righe, M.M. così commentò: "Il nostro corrispondente da Pavullo, prof. Rompianesi, ha raccolto le dichiarazioni di "Meo" che sono, ovvio dirlo, ottimistiche. Strano contrasto, dobbiamo rilevare, si nota fra il parere degli specialisti e anche degli stessi medici che lo hanno visitato all'Ospedale di Bologna e quanto egli va affermando in perfetta armonia con il suo Direttore Tecnico Albani. Noi ci auguriamo fervidamente che Venturelli sia in grado di riprendere la preparazione, ma non sembra così. Perchè, se all'Ospedale Militare di Bologna gli hanno dato 40 giorni di convalescenza, non comprendiamo come possa attaccare gli allenamenti. Venturelli o ha il disturbo all'occhio o non ce l'ha e se ce l'ha, come i medici dell'Ospedale di Bologna e il prof Cristini, Primario della Clinica Oculistica dell'Università di Modena, hanno fatto capire, Venturelli dovrebbe riposare. Ma allora perchè Venturelli ha passato la visita a Bologna se poi va a Varazze a svolgere sgroppate di chilometri coi compagni di squadra? Ci sono degli assurdi, come non è raro accertare nel mondo sportivo. La stampa nazionale non aveva creduto alle nostre informazioni, definite allarmistiche, ma oggi tutti ammettono che Venturelli ha bisogno di curarsi e di riposare. Il disturbo c'è ed è la diplopia. Non è cosa da sottovalutare, ma da curare anche se interessi diversi fanno minimizzare il disturbo. E' strano che, dopo il parere di un Primario e quello dell'Ospedale Militare di Bologna, si continui a dire che non è niente".
Un breve trafiletto comparve su “La Gazzetta dell’Emilia” del 14 maggio 1961, intitolato “Venturelli è partito per le Ardenne”: “Venturelli è partito questa sera dal Frignano per le Ardenne, per partecipare a due corse in programma nei prossimi giorni: la Liegi-Bastogne-Liegi che si correrà lunedì 15 e la Freccia Vallone in programma per martedì 16 maggio. Due classiche alle quali il pavullese Venturelli parteciperà unitamente ai compagni di squadra Zamboni, Fallarini, Pellicciari, Giambi e Costalunga. Venturelli si è preparato coscienziosamente percorrendo, in soli 5 giorni, ben più di 600 chilometri”.
Sempre a firma di Luigi Rompianesi, su “La Gazzetta dell’Emilia” del 10 agosto 1962 fu pubblicato l’articolo dal titolo “Dove si è cacciato il “pastore” Venturelli?” e dal sottotitolo “Quando lo sport esce dai binari …”: “Dov’è Romeo Venturelli? il già popolare “Meo”, l’atleta che umiliò Anquetil e Rivière? Lo cercan qua, lo cercan là. In effetti Venturelli è un po’ a Pavullo, un po’ a Ferrara, un po’ a Reggio Emilia, a Fiumalbo e anche a Modena. Ma allora finalmente – si chiederà lo sportivo – percorre i tanto sospirati chilometri per ritrovare la grinta e la forma dei tempi migliori? No! Purtroppo, no! Tutti questi chilometri, che altrimenti gli darebbero fiato a possanza, li percorre a bordo della sua fiammante “spider” FIAT 1500, ad una fra i cento e i centocinquanta. Dicono a Pavullo che ora sta allenandosi per la “Mille Miglia” … (non si sa se è una battuta: se no è un errore, essendo stata l’ultima “Mille Miglia nel 1957, n.d.r.) dato le ormai bassissime quotazioni come ciclista … Il fatto curioso è che, in paese, a parlare di Romeo o si mettono a ridere o tacciono e cambiano subito discorso, o raccontano battute umoristiche. Perché? Perché oggi Venturelli raccoglie ciò che ha seminato. Si dice che abbia cambiato il medico personale ed il nuovo sanitario sarebbe di suo completo gradimento perché gli prescrive di riposarsi e di andare in macchina e non in bicicletta: evidentemente si tratta di una nuova terapia medico-sportiva di tutto comodo. Scherzi a parte, siamo comunque convinti che Romeo, se volesse, avrebbe ancora tutti i mezzi necessari per far parlare di sé tutti i giornali sportivi più quotati. Non è questo uno sprone per Venturelli (spronare Venturelli è tempo perso) ma è una ferma e salda convinzione che ancora resiste nel nostro animo di sportivi. Solo Romeo potrà confermare o smentire questa nostra dichiarazione. Se sarà la conferma, saremo lietissimi di riprendere la penna per scrivere di lui le immancabili prodezze sportive, se invece sarà la smentita a prevalere, dimenticheremo per sempre colui che è stato sulla soglia della grandezza sportiva e della vera agiatezza, ma ha detto no a tutto e a tutti e un giorno i nostri figli potranno raccontare di lui: “C’era una volta un pastorello …”. Questo è lo sport che esce dai binari. Qualcuno mormora che Venturelli sarà il primo astronauta italiano. Ma di ciclismo non si parla”.
Un breve trafiletto di Luigi Rompianesi ne “La Gazzetta dell’Emilia” del 5 dicembre 1962, intitolato “A Pavullo Venturelli espone i suoi programmi”: “Romeo Venturelli ha fatto una capatina a Pavullo proveniente da Loano dove, con molto anticipo, ha iniziato una seria preparazione per la prossima stagione agonistica. Ha sostato qualche ora con la famiglia e con gli amici, riprendendo poi la strada per Milano, al lunedì mattina. Nella metropoli lombarda verrà sottoposto ad un’accurata visita medica, si porterà quindi al Sestrière per un periodo di 20 giorni per la “ossigenazione”. A Natale sarà nuovamente a Pavullo per trascorrervi le Feste. A Loano ha percorso 800 Km. e, stando alle sue dichiarazioni, dice di sentirsi oltremodo bene e di non accusare più alcun disturbo; tutto perciò lascia prevedere che, finalmente, potrà cogliere quegli allori che gli furono tanto avari nelle passate stagioni agonistiche. Si è inoltre saputo che ha firmato un compromesso d’ingaggio con la San Pellegrino e parrebbe quindi intenzionato ad abbandonare la Molteni per ritornare col vecchio Bartali, che gli fu tanto prezioso all’inizio della carriera dopo la scomparsa del “campionissimo”. Il 2 gennaio rientrerà in Riviera per la preparazione vera e propria che dovrebbe portarlo a partecipare a tutte le classiche di apertura”.
Nel 1963 corse per la “San Pellegrino Firte”. Non fu anno da ricordare e ottenne solo un quarto posto nella quarta prova del Trofeo Cougnet, a Trento.
Il 3 gennaio 1963 “La Gazzetta dell’Emilia” pubblicò l’articolo dal titolo “Un Venturelli “ossigenato” deciso a rifarsi un nome in campo ciclistico – Correrà per la S. Pellegrino”: “Romeo Venturelli, rientrato da Vigo di Fassa ove ha trascorso un periodo di “ossigenazione”, ha trascorso le Feste nella sua Pavullo nell’intimità famigliare e degli amici, non disdegnando una capatina, nella notte di S. Silvestro, in un noto locale a La Santona assieme alla fidanzata. Ha dichiarato agli amici di sentirsi veramente bene e smanioso di correre per dar dimostrazione delle sue capacità atletiche, offuscate lo scorso anno da una serie nera di disavventure causate un po’ dalla salute e un po’ da qualche sua presa di posizione. Venturelli ha ormai abbandonato la “Molteni”, alla quale Società consegnerà oggi stesso tutto il materiale datogli in dotazione, ed ha firmato definitivamente il contratto propostogli dalla “S. Pellegrino”. Correrà quindi, nel 1963, con i colori arancioni di questa Casa sotto la preziosa guida di Gino Bartali. E’ ripartito da Pavullo la sera del primo dell’anno con destinazione Loano per la ripresa degli allenamenti che lo porteranno alla forma perfetta per le prime classiche di apertura. Fiduciosi, come sempre, nelle sue indiscusse capacità atletiche, auguriamo al nostro “Meo” un’annata piena di soddisfazioni e di vittorie che, se vorrà, non gli saranno certamente avare”.
Il 9 marzo 1963 “La Gazzetta dell’Emilia” presentò l’articolo, a firma di Luigi Rompianesi, intitolato “Romeo Venturelli dopo la sua rentrèe”: “E’ giunto a Pavullo Romeo Venturelli, reduce dalle recenti gare e lo abbiamo raggiunto a Sassostorno facendogli cinque domande. La prima: “Nel recente Giro di Sardegna, all’ultima tappa, ti sei ritirato a 20 chilometri dall’arrivo. Poiché qualche sportivo ha insinuato che ricomincia l’altalena dello scorso anno, cos’hai da precisare?” con risposta “Nessuna altalena. E’ stata una decisione condivisa anche da altri corridori che avevano avuto la mia stessa disavventura di forare alcune gomme. Eravamo in piena bagarre a soli 20 chilometri dal traguardo e, non avendo interessi di classifica ed essendo ormai l’ultima tappa, era perfettamente inutile spendere energie che potevamo meglio utilizzarle nelle corse successive. Escludo perciò il pensiero di una crisi”. La seconda: “Che impressione hai avuto con il ritorno alle corse dopo la lunga forzata assenza?” con risposta “Non ho voluto forzare al massimo dato che da tempo ero fermo.. Ho voluto riprendere gradatamente per non compromettere il buon ritmo di allenamento fin qui condotto. E’ stato, comunque, un necessario rodaggio”. La terza: “Come sono attualmente le tue condizioni fisiche, e soprattutto morali, dopo l’esperimento sardo?” con risposta “Ho l’impressione che siano soddisfacenti ed il morale è alto. Sono perfettamente entrato nel clima rovente delle corse e mi sento molto bene. Non ho partecipato alla Genova-Nizza perché la traversata mi aveva fortemente disturbato lo stomaco”. La quarta: “Col collega pavullese Gabriele Giusti della “Salvarani” potete darvi una mano durante le corse per il buon nome dello sport pavullese?” con risposta “Lo escludo nel modo più assoluto in quanto entrambi abbiamo firmato un contratto che ci lega, anche moralmente, alla Casa. In corsa siamo rivali”. La quinta: “Con Gino Bartali, in precedenti occasioni, avesti qualcosa da dire. Come ti trovi ora che è di nuovo tuo Direttore Sportivo?” con risposta “Era questione di carattere. E’ molto corretto ed è lui stesso a dirmi che ho già fatto molto. Riconosco di aver sbagliato all’inizio quando non lo volevo ascoltare. Ora gli dò retta perché è un bravo Direttore Sportivo, data la sua grande esperienza delle corse”. … Ha inoltre detto che quest’anno dovrà essere l’anno del famoso riscatto … Raggiungerà a Cesena la casa dell’amico Neri, ove si troverà anche il Direttore Sportivo per preparare la prossima corsa di Imola”.
Nello stesso giorno e nello stesso giornale altro trafiletto dal titolo “Ultima ora – Venturelli influenzato”: “Nella serata di ieri Romeo Venturelli è stato colto da un violentissimo mal di gola … molto probabilmente dovrà rinunciare al circuito di domani ad Imola. Venturelli è stato visitato dal dr. Alberto Montanari che ha prescritto riposo assoluto per non aggravare le condizioni fisiche. Il contrattempo vien ad interrompere il programma di preparazione che Venturelli si era prefisso in vista della prossima Milano-Sanremo”.
Sullo stesso giornale, il 31 marzo 1963, articolo dal titolo “Sarà operato di tonsillite il corridore Venturelli – Mercoledì all’ospedale di Pavullo”: “Romeo Venturelli è stato visitato all’ospedale di Pavullo dallo specialista otorino dr. Giuseppe Miselli, il quale ha diagnosticato: tonsillite cronica riacutizzata ed ha disposto l’intervento per mercoledì p.v. presso lo stesso ospedale di Pavullo. Ieri Venturelli si è recato a Milano per giustificarsi presso i dirigenti della S. Pellegrino in seguito al perentorio telegramma inviatogli dal comm. Della Torre, che gli ingiungeva due possibilità per non perdere lo stipendio: 1) operarsi d’urgenza; 2) presentarsi alla partenza del Giro della Campania. Durante il colloquio di ieri i dirigenti hanno giustificato le assenze di questi giorni ed hanno promesso a Venturelli che lo stesso Della Torre e Gino Bartali gli faranno visita a Pavullo dopo l’intervento di mercoledì”.
“La Gazzetta dell’Emilia” del 4 aprile 1963 pubblicò un articolo di Luigi Rompianesi intitolato “Venturelli operato di tonsille. L’intervento è felicemente riuscito”: “Il corridore della S. Pellegrino, Romeo Venturelli, è stato operato ieri mattina, alle 9,30, presso l’ospedale civile di Pavullo di tonsillectomia. Il medico specialista che ha effettuato l’intervento, il dott. Giuseppe Miselli, ha dichiarato che il corridore soffriva da lungo tempo della noiosa affezione che non gli permetteva una normale respirazione. L’esito dell’intervento è da ritenersi perfettamente riuscito ed il corridore, invero sfortunato, potrà lasciare l’ospedale di Pavullo fra cinque giorni. Dopo la prudenziale degenza potrà essere dimesso clinicamente guarito, ma non potrà riprendere glòi allenamenti che dopo il 20 aprile p.v.”. Il 15 maggio 1963 comparve, su “La Gazzetta dell’Emilia”, una foto di Romeo Venturelli in allenamento sulle strade dell’Appennino con didascalia “Venturelli per il “Giro” e, il giorno dopo, un articolo intitolato “Venturelli “in castigo”, escluso dal Giro!”: “Il corridore Romeo Venturelli ha appreso stamane da un quotidiano di Torino la sua esclusione dal Giro d’Italia unitamente a quello di Meco. Mentre Venturelli leggeva la notizia nei pressi di un’edicola del paese, si è subito formato un cappannello di sportivi e di curiosi attorno all’interessato. Con evidente disappunto Romeo Venturelli cercava di spiegarsi le ragioni di questa inattesa esclusione giunta proprio in un momento in cui l’atleta è sottoposto ad un intenso allenamento per recuperare il tempo, suo malgrado, perduto. “Escludo nel modo più assoluto – ha detto – che si tratti di un “castigo”, come scrive questo giornale, ma più che altro di una coerenza nel modo di agire della mia Casa. Infatti mi avvertirono che, se non avessi preso il via al Giro della Svizzera Romanda, non avrei neppure partecipato al Giro d’Italia. Ma come potevo prendere parte a quella corsa se, dopo il noto intervento di tonsillectomia, avevo percorso 800 chilometri di allenamento? Attendo comunque la notizia ufficiale della “S. Pellegrino”. Qualunque siano le decisioni ufficiali, “Meo” continuerà nella sua progressiva preparazione in vista delle future corse, con particolare riferimento al “Tendicollo”. Il 12 giugno 1963 lo stesso quotidiano, sempre a firma di Luigi Rompianesi, pubblicò un articolo dal titolo “Romeo Venturelli al Giro di Svizzera”: “Romeo Venturelli è stato invitato a partecipare al “Tour de Suisse” 1963 che prenderà il via giovedì prossimo. Dopo il noto intervento di tonsillectomia effettuato presso l’ospedale civile di Pavullo due mesi orsono, pare che Venturelli sia ritornato quello dei tempi migliori. Ogni giorno, dopo la convalescenza, ha effettuato allenamenti di 150 Km. di media, portandosi proprio in questi giorni ad un livello di rendimento assai notevole. L’esclusione dal Giro d’Italia, per il quale Romeo non era assolutamente pronto, gli ha conferito uno spirito quasi di rivincita per cui non si può dubitare, conoscendo la caparbietà del campione, sulla rinnovata volontà di affermazione. E’ proprio dell’altra sera la telefonata del Comm. Della Torre che autorizzava Romeo Venturelli a presentarsi stamane a Milano, alle ore 9, per la partenza in territorio svizzero coi colori, o quanto meno sotto l’egida, della “S. Pellegrino”. Sembra inoltre scontato che il Giro di Svizzera servirà, più che altro, per la partecipazione al “Tour de France”, al quale Venturelli pare intenzionato ed autorizzato a partecipare”.
“La Gazzetta dell’Emilia” del 20 agosto 1963 pubblicò il seguente articolo, dal titolo “Intervista col campione pavullese – Romeo Venturelli assicura di continuare a correre e vincere – I carabinieri di Lama Mocogno gli hanno ritirato il libretto dell’auto”, di Luigi Rompianesi. Ecco alcuni “passaggi” dell’intervista: “E’ vero che sono stato invitato, insieme a Moser (Aldo Moser, n.d.r.) a partecipare al Gran Premio delle Nazioni, che si correrà a Parigi nel prossimo settembre, ma l’ingaggio allettante, di tre milioni, è riservato solo al vincitore ed io non mi considero ancora in grado di vincere. Come partecipazione riceverò più o meno duecentomila lire. Comunque non è detto che io vi abbia rinunciato … Sono voci false (quelle che dicono che a Romeo piace più pilotare una bella fuori serie, andare a ballare con le ragazze) che sono messe in giro sul mio conto. Intendo fermamente continuare la mia professione di corridore e posso assicurare gli sportivi di questa mia volontà … Fare l’inseguimento su pista è una specialità che non mi piace … No, no, è stato un carabiniere di Lama Mocogno (a proposito del ritiro del libretto di circolazione della sua Abarth 1000: troppa velocità? Incidente?) che ha riscontrato che non avevo ancora regolarizzato la targa ed era già trascorso il tempo stabilito. Ecco tutto”.
Domenica 8 settembre 1963 apparve un breve articolo su “La Gazzetta dell’Emilia” dal titolo “Venturelli e Giusti al Giro del Lazio”: “Romeo Venturelli e Gabriele Giusti, i due forti ciclisti pavullesi, saranno oggi fra i partecipanti al Giro del Lazio. Essi sono infatti partiti ieri alla volta di Roma e, prima di accomiatarsi dagli sportivi locali, hanno manifestato la loro seria intenzione di ben figurare nella classica gara. Come è noto, Venturelli rinunciò domenica scorsa a prendere il via da Genova per il Giro dell’Appennino, giudicando egli stesso la sua preparazione ancora immatura. Nella intercorsa settimana, tuttavia, il buon “Meo”, accompagnato dal fedele amico Giusti, ha compiuto un intenso allenamento, percorrendo ogni giorno 200 chilometri. Giustificata appare, pertanto, la speranza e l’augurio che egli possa mantenere le promesse, tentando di sovvertire i pronostici della vigilia”.
Il 20 settembre 1963 Luigi Rompianesi, su “La Gazzetta dell’Emilia”, pubblicò l’articolo intitolato “Venturelli si allena (ma quando il risveglio?)”: “Altro “giro” … ed altra mancata affermazione dei due alfieri del ciclismo professionistico modenese, Romeo Venturelli e Gabriele Giusti”: il primo nella squadra “Firte” ed il secondo nella “Salvarani”, hanno ritentato domenica scorsa, nel Giro del Veneto, la vittoria che da tanto tempo rincorrono invano. Nella domenica precedente corsero entrambi nel Giro del Lazio e domenica ventura parteciperanno al Trofeo Bernocchi che prenderà il via da Legnano. Sarà la volta buona? Dopo l’intensa preparazione da quaranta giorni a questa parte, durante la quale i due atleti hanno percorso una media giornaliera di circa 150 Km., Venturelli e Giusti si accingono, più in forma che mai, ad un nuovo tentativo. Ma due particolari, registrati al Giro del Veneto di domenica scorsa, mettono in evidenza lo stato di grazia, atleticamente parlando, dei due ragazzi. Giusti, forse preso dalla “psicosi” del ritiro (giacchè si trovava distaccato dai primi che andavano al traguardo, dopo l’abbandono di circa 90 corridori), ha anch’esso abbandonato dopo più di 200 Km. di buona corsa. Rimaneva in lui ancora tanta energia da compiere al volante della sua macchina, con a bordo Venturelli, subito dopo la corsa, con 220 Km. percorsi per rientrare a Pavullo: dopo la cena è stato in compagnia di amici fin verso le 23 della stessa giornata. Per quanto riguarda Venturelli, invece, si è saputo non solo dal corridore ma anche dai tecnici e dai presenti che, mentre si accingeva alla salita che portava al Pian delle Fugazze, ebbe necessità di far registrare i freni della bicicletta. Orbene, dopo la registrazione, un pattino del freno posteriore era rimasto bloccato al cerchione, producendo un forte attrito. Il corridore, lungi dal pensare a questo particolare, riteneva che la fatica che andava accusando nella successiva salita fosse frutto di … muscolatura. Nonostante ciò, durante i noti scatti di Zilioli per liberarsi dei compagni, Romeo Venturelli rimaneva decisamente al suo fianco, segno evidente della potenza del corridore. Esortiamo Venturelli a non desistere dall’attuale fortunato momento e continuare caparbiamente verso una sicura affermazione, che rilancerebbe tutte le sue azioni e che certamente non gli sfuggirà. Intanto “Meo” continua, in compagnia dell’amico “Bebe”, i giornalieri allenamenti e pare che, all’età di 25 anni, abbia compreso, finalmente, che quella è l’unica sua carriera”.
Il 9 ottobre 1963 sempre Luigi Rompianesi scrisse l’articolo intitolato “Romeo Venturelli lascia?”: “Corre insistente la voce a Pavullo che i due corridori ciclisti Romeo Venturelli e Gabriele Giusti, noti un tempo alle cronache sportive, abbandoneranno lo sport attivo attaccando la “bici” al tradizionale chiodo. I lusinghieri pronostici di Fausto Coppi, per il primo di essi, e quelli del massaggiatore Cavanna, per il secondo, naufragheranno dunque nella più amara delle delusioni. L’incomprensibile rinuncia al Giro dell’Emilia, che poteva costituire per essi una prova d’appello per riabilitare le loro azioni d’ingaggio, può confermare questa voce. Venturelli, da noi avvicinato, ha precisato che lo stop deve intendersi solo fino alla fine di quest’anno a causa di “un fastidioso disturbo all’anca”, ma ci è parso finalmente di capire (e diamo atto all’amico Storchi di averlo capito prima) che di voglia di correre non ce ne sia proprio. Per quanto riguarda Gabriele Giusti, ragazzo molto serio e molto pratico, pare che non se la senta di essere sempre relegato alla parte di “porta acqua” e, non riuscendo a sfondare nonostante i mezzi fisici rilevanti, pare indirizzato ad un buon impiego che gli assicuri mensilmente il suo stipendio. Chiudiamo così queste nostre note (che iniziarono quando Venturelli diede i primi colpi di pedale da allievo, poi da dilettante – recordman di numero di vittorie – e quindi da professionista che si permise il lusso di battere uomini come Anquetil e Rivière) senza celare la nostra delusione per l’abbandono di due atleti che avrebbero, più il primo che il secondo, coglier, con un po’ di sacrificio, tanti allori da costituire “gli uomini nuovi” del nostro ciclismo e creare, come per Binda e Guerra e per Coppi e Bartali, un nuovo moderno dualismo come Zilioli – Venturelli. Peccato, suonava anche bene …”.
Lo stesso giornale, il 27 dicembre 1963, riportò la notizia a firma di Luigi Rompianesi “Romeo Venturelli ha firmato per l’Ignis”: “Il corridore pavullese sembra avviato verso una nuova popolarità dopo aver firmato l’impegno con il comm. Borghi, industriale che ha sempre preteso dai suoi corridori il massimo impegno e la più scrupolosa serietà. Questa nuova condizione di accasato dovrebbe costringere Venturelli a prepararsi in modo migliore che non la preparazione frettolosa e posticcia delle ultime stagioni. La scomparsa dalle cronache sportive del pavullese in questi ultimi anni ha amareggiato la moltitudine degli sportivi che a lungo si sono cullati nel credere in Venturelli un campione arrivato. Forse il robusto montanaro, giunto troppo presto alla notorietà, aveva perso il senso della misura per cui, dopo il calo derivato da infiniti fattori, non è più stato in grado di risalire la china, non si è più assoggettato ai sacrifici che richiede lo sport del pedale. E’ sperabile dunque che Venturelli abbandoni i suoi strani mutismi e i suoi atteggiamenti e che lasci da parte le stranezze per ritornare il corridore delle speranze che era un tempo”.
Nulla di particolare nel 1964 (con la “Ignis”).
“La Gazzetta dell’Emilia” di sabato 29 febbraio 1964 pubblicò un articolo di Luigi Rompianesi dal titolo “La verità sull’incidente di venerdì scorso – Romeo Venturelli fermo per tre mesi per aver battuto il capo contro un autocarro – L’infortunio gli ha procurato un annebbiamento della vista”: “Il padre di Romeo Venturelli, unitamente al fratello Rolando e all’amico Amilcare Zanaroli, si è recato urgentemente a Comerio per sentire dalla viva voce del figlio notizie riguardanti l’incidente occorsogli venerdì scorso. Da noi avvicinati, al loro rientro, ci hanno che non risponde a verità l’iniziale versione da parte di alcuni quotidiani sportivi circa la puntura di un’ape all’occhio destro, che avrebbe provocato, in Venturelli, un pauroso gonfiore costringendolo ad abbandonare la corsa spagnola. Neppure vera è l’altra versione secondo la quale Romeo Venturelli sarebbe caduto durante un allenamento per recarsi ad una fontana assieme ad altri corridori della sua squadra. Le cose si sarebbero, dunque, verificate nel seguente modo: il giorno 21 febbraio, verso le ore 17, mentre era in allenamento unitamente ai compagni della “Ignis” e mentre percorreva il lungo tratto Barcellona – Valencia in due tappe, giunto a circa 10 Km. da quest’ultima località, Romeo Venturelli disse ai compagni che si sarebbe portato avanti per poter bere una bibita e poter quindi far ritorno in squadra. Per giungere prima al bar, approfittò del passaggio di un camion per farsi trainare a breve distanza ma questo dovette operare una brusca frenata per l’uscita, da una strada laterale, di una macchina: vedendo che andava a cozzargli contro, il corridore operava, a sua volta, una secca frenata che procurava la rottura di entrambi i freni della bicicletta. La conseguenza fu che la testa di Romeo Venturelli battè con relativa violenza contro il cassone del camion. La cosa non destò preoccupazioni sul primo momento, ma la sera gli provocò un annebbiamento ad entrambi gli occhi, per cui fu subito accompagnato da uno specialista di Valencia che gli iniettò due iniezioni, con le quali avrebbe dovuto sistemare la faccenda. Però, se non avesse avuto il beneficio creduto, la cosa sarebbe stata certamente assai più grave. Poiché l’indomani mattina il disturbo non cessava, fu consigliato di prendere l’aereo per Milano (in compagnia del cantante Luciano Tajoli, suo tifoso) per presentarsi a Comerio per le cure del caso. Da Comerio fu accompagnato da un dirigente a Varese presso uno specialista oculista che sentenziò una prognosi di 2-3 mesi di riposo, mentre il 27 febbraio veniva sottoposto ad esame radiografico il cui esito è ancora sconosciuto. Romeo dice di sentirsi fisicamente bene e di essere in gran forma e ha molta volontà di correre. In definitiva, se il disturbo cesserà in una quindicina di giorni, il corridore rimarrà a Comerio per gli allenamenti mentre, se non cesserà, ritornerà a Pavullo per la convalescenza. Questo è quanto ha affermato il corridore pavullese e riferitoci stamane, al suo ritorno, dal sig. Amilcare Zanaroli”.
“La Gazzetta dell’Emilia” il 13 marzo 1964 pubblicò un breve trafiletto dal titolo “Romeo Venturelli sotto cura a Pavullo”: “Il corridore pavullese Romeo Venturelli, accasato alla “Ignis”, è rientrato al suo domicilio di Sassostorno venerdì scorso, dopo il noto incidente che lo ha costretto ad abbandonare il Giro di Spagna. Sabato alcuni dirigenti dell’Unione Sportiva Pavullese hanno sottoposto il corridore ad accertamento radiografico al cranio presso l’ospedale civile di Pavullo e ad una successiva vista oculistica. Il referto, stilato dal prof. Franciosi, radiologo presso l’ospedale di Pavullo, riporta: “Non si rilevano linee di frattura. Velatura del seno frontale di destra e delle cellule etmoidali dello stesso lato”.
“La Gazzetta dell’Emilia” di domenica 2 agosto 1964 pubblicò un articolo dal titolo “Venturelli oggi al Giro di Romagna”: “Romeo Venturelli, ex speranza del ciclismo italiano, sarà al via del Giro della Romagna che si correrà oggi sulla distanza di 267 chilometri e su un percorso assai duro e montagnoso. Il pavullese sembra abbia inviato la propria iscrizione senza l’autorizzazione della “Ignis”, che avrebbe preferito che Venturelli restasse ancora a riposo. Venturelli, dopo essersi preparato per una grande rentrèe all’inizio della stagione, una ferita al capo, in seguito a un banale incidente stradale, gli rinnovò un disturbo alla vista, malanno questo che lo ha costretto ad un lungo riposo. Può darsi che Venturelli prenda parte al Giro della Romagna a scopo di allenamento, ma esiste anche la possibilità che l’ex pupillo di Coppi cerchi quella parziale riabilitazione che gli permetterebbe di trovare, per la prossima stagione, un ingaggio da parte di qualche casa ciclistica. Venturelli, che parte come “indipendente”, avrà, come seguito, il fratello e un amico che, a bordo di un’autovettura, gli presteranno l’assistenza durante la corsa … Il Giro di Romagna è durissimo, non solo per il tracciato ma anche e soprattutto per la canicola che, già allo “Appennino”, ha messo in difficoltà più di un corridore. Il favorito rimane Cribiori, che attraversa un periodo di forma spettacoloso; l’uomo più atteso è Zilioli, per riscattare la sconfitta di domenica scorsa; Poggiali e Motta, i due “giovanissimi”, vanno sempre forte ed è probabile un loro successo; torna a correre, dopo un mese di inattività, Vito Taccone, che vuol dimostrare a Magni di essere degno della selezione per i mondiali”.
Sabato 8 agosto 1964 altro trafiletto de “La Gazzetta dell’Emilia” dal titolo “Riprova di Venturelli nel trofeo Matteotti a Pescara”: “Il pavullese Romeo Venturelli, dopo la poco soddisfacente prestazione nel Giro di Romagna, ritenta domani a Pescara, nel trofeo Matteotti, di trovare la giornata buona per ottenere un discreto piazzamento. Venturelli, nonostante al Giro di Romagna sia stato costretto a mollare le ruote del gruppo, ha proseguito nel suo programma che prevede un ritorno, entro breve tempo, nell’èlite del ciclismo nazionale. Venturelli ha inviato ieri mattina, a mezzo telegramma, la propria adesione alla corsa organizzata dal gruppo sportivo Penna di Pescara, che vedrà alla partenza Zilioli, Taccone e tutti i big del momento. Venturelli parteciperà da “indipendente”, in quanto i dirigenti della “Ignis”, nell’inviare l’iscrizione della squadra, non hanno incluso il nominativo del corridore modenese”.
“La Gazzetta dell’Emilia” del 19 agosto 1964 pubblicò il seguente articolo, dal titolo “E’ accaduta anche questa – La scarpetta di Romeo Venturelli”, di Luigi Rompianesi: “L’aver dimenticato a casa una scarpetta ha causato a Romeo Venturelli la rinuncia a quella vittoria che ormai da due anni il corridore insegue invano. Abbiamo tutti assistito all’intervista che Adriano Dezan ha fatto a Venturelli nel corso della ripresa diretta delle fasi conclusive del Giro del Lazio, svoltosi nella giornata di Ferragosto, e da essa abbiamo appreso come siano andate le cose. Ma, al bar Speranza di Pavullo, recapito sportivo del corridore, era giunta la sera precedente un’accorata telefonata da Latina da parte del corridore con la quale esso pregava gli amici Montanini e Zanaroli di riparare, per quanto possibile, alla sua imperdonabile dimenticanza. I due noto sportivi pavullesi, tenendo fra le mani la scarpetta che effettivamente avevano rinvenuto nella casa di Venturelli, sembrava che raccontassero agli amici la favola di Cenerentola e cercavano disperatamente il modo di far pervenire al distratto Meo il prezioso ed indispensabile indumento. Chi proponeva di partire d’urgenza dall’aeroporto di Pavullo con un aereo da turismo e chi pretendeva di iniziare il lungo viaggio notturno in macchina pur di fornire a Venturelli la scarpetta dimenticata. Ma né la prima né la seconda possibilità rendeva sicuro il recapito di fronte ai rischi e agli imprevisti cui andavano incontro i latori del pacco. E così Venturelli, che aveva deposto distrattamente nella valigia una scarpetta e un mocassino, ha dovuto prendere il via con questa originale e inconsueta acconciatura. Al suo ritorno a Pavullo ha raccontato i particolari tragicomici della corsa. Al raduno per la partenza i suoi colleghi ed avversari hanno fatto scorpacciate di risa di fronte al “nuovo modello” e Venturelli ingoiava amaro meditando una vendetta sportiva che insegnasse loro come si potesse, con le sue doti fisiche, condurre una corsa anche menomati nell’abbigliamento. Appena dato il via, partiva a tutta birra prendendo di sorpresa tutti gli avversari e pigiando tranquillamente e di buona lena riusciva a staccare il gruppo di quasi nove minuti. Poiché il circuito che i corridori percorrevano era formato da un otto, ad un certo il pavullese ed il gruppo si sono incrociati, ma il primo aveva mezzo circuito di vantaggio. Si sono sentite urla al suo indirizzo da parte degli altri corridori e da parte dei direttori sportivi delle altre squadre che paventavano un colpo gobbo da parte di Venturelli. Così hanno messo alla frusta il gruppone che, negli ultimi giri, è riuscito a raggiungere il fuggitivo. Venturelli s’era posto allora nel gruppo e continuava a pedalare bene malgrado il piede destro sensibilmente gonfiato. Poi la malaugurata foratura lo ha tolto di mezzo costringendolo al ritiro dopo 260 chilometri di corsa di cui una settantina di fuga solitaria sotto la pioggia ed il vento contrario. Sono questi i sintomi molto importanti di una decisa ripresa dello sfortunato corridore. La sua Casa lo ha convocato per mercoledì prossimo a Comerio per un allenamento collegiale in vista delle più impegnative competizioni nazionali. Pertanto, tutti i tifosi pavullesi, che Venturelli ha fatto spesso “soffrire”, si sono rianimati di una nuova speranza, quella cioè di vedere il loro pupillo alla ribalta del ciclismo nazionale come, d’altra parte, il povero Coppi ebbe a predire. Saranno nuovamente delusi o Venturelli dice finalmente sul serio?”.
Il 1965 lo in iniziò come “isolato”, sotto la guida del “commendatore” romano Enrico Uccellini, titolare di un’agenzia, a Roma, che pubblicizzava i films sui giornali: non c’era una vera e propria squadra però Meo ritrovò la forma. Il 13 febbraio, a St. Raphael sulla Costa Azzurra, fu secondo nel Gran Premio di Apertura, in scioltezza. Dal 2 al 7 marzo partecipò al Giro di Sardegna. Nella prima tappa Meo era in fuga con Van Looy, che vinse (era chiaro: Meo gliel’aveva venduta). Fu secondo in un’altra tappa e fu secondo anche nella classifica finale, dietro Van Looy che vinse tutte le tappe tranne una. Meo intascò tre milioni di lire di cui ne aveva bisogno (come “isolato”, non aveva tanti soldi). Poi passò alla “Bianchi”. Fu terzo alla “Milano Torino” e, il giorno dopo, vinse, a Saint Vincent, il Giro del Piemonte davanti a Roberto Poggiali (225 Km. a quasi 41 Km/h).
Ci fu poi la “Milano Sanremo”. Partenza dalla Certosa di Pavia, con Meo bene fino a Novi Ligure e, fra Novi Ligure e Ovada, si fermò a fare pipì e, dopo una lunga “sosta”, riprese la testa, passò secondo sul Turchino dietro Bitossi e cadde nelle successiva discesa, causa la pioggia, sbattendo la testa e rimanendo privo di conoscenza per tre minuti. Si riprese ma poi fu portato all’Ospedale di Savona dove vi rimase per un mese: l’allora Prefetto di Savona era Cappellini, conterraneo di Romeo essendo nato ad Acquaria di Montecreto (MO), e lo andava a trovare quasi tutti i giorni.
Poi ci fu il Giro d’Italia e si ritirò (il 15 maggio) proprio nella prima tappa San Marino Perugia, dopo essersi fermato in un bar e dopo un violento litigio con il suo gregario Pierino Baffi che, preso dalla rabbia, sembra avesse sferrato un bel pugno in faccia a Meo.
Il 1966 fu ancora alla “Bianchi” e scomparve dopo un brillante inizio di stagione in Costa Azzurra.
Nel 1967 fu alla “Salamini”. Ritiro a Laigueglia nella “Nizza Genova” e senza altri “acuti”.
Fermo nel 1968 e nel 1969, si ripresentò nel 1970 con la “Zonca” con la quale fece qualche apparizione anche nel 1971.
E poi stop con la carriera.
Ricapitolando. Dal 1955 al 1958 corse per la “U.S. PAVULLESE”. Nel 1959 per la “G.S. BROOKLIN” di Empoli e, nel 1960, per la SAN PELLEGRINO. Nel biennio 1961-1962 fu della MOLTENI, nel 1963 per la SAN PELLEGRINO/FIRTE, nel 1964 per la IGNIS, nel biennio 1965-1966 per la BIANCHI/MOBYLETTE, nel 1967 per la SALAMINI, assente dalle competizioni nel biennio 1968-1969, nel biennio 1970-1971 vestì, come ultima maglia, quella della ZONCA.
Non si può dire che Venturelli abbia rispettato le regole citate da Coppi (piaceva a Fausto perché aveva il colpo di pedale del passista di razza ed era convinto che, se avesse rispettato le severe regole del ciclismo, si sarebbe difeso bene sulle salite lunghe). Concluse la sua carriera nel 1971 con sole 6 vittorie nella sua attività
professionistica, l'ultima delle quali al Giro del Piemonte del 1965. Chi lo diresse si stupì, vedendolo pedalare con una facilità che aveva dell'incredibile; ma si sa che, per vincere e durare a lungo, alla dote naturale è indispensabile associare molti sacrifici.Un’altra passione di Romeo Venturelli, oltre il buon mangiare e l’attrazione verso il gentil sesso, fu quella delle automobili, che metteva in bella mostra per le strade di Pavullo e del Frignano (vedi anche lo scritto di Beppe Conti sopra riportato, a proposito della sua “fuga in Svezia”). La sua guida era spericolata.
Da dilettante, ebbe una FIAT “1100 TV”, bicolore, acquistata dopo aver preso l’ingaggio di un milione dalla Brooklin (“il giorno dopo, a Pavullo, non mi salutava più nessuno”): con questa vettura portò a casa Fausto Coppi, tornato dall’Africa, che stava già male e che sarebbe morto pochi giorni dopo, il 2 gennaio 1960.
Ebbe poi una FIAT “1300”, una LANCIA “Appia” e un’O.S.C.A. Quest’ultima la acquistò nuova direttamente a Bologna: era una vettura estremamente sportiva e brillante nonostante la cilindrata di 1.000 cc.. Con l’O.S.C.A., mentre guidava per le strade della montagna frignanese, spesso si veniva a trovare con vetture Ferrari di serie che, come abitudine, i collaudatori della Casa le provavano per le strade normali: ingaggiava così vere e proprie corse (“quattro gomme, con questa macchina, mi duravano in media 5.000 Km.!”).
Gino Bartali non voleva salire con lui su questo tipo di vettura. Solo una volta, a Milano, acconsentì ma, poco dopo, in un incrocio, ebbe un grosso incidente (l’unico, nonostante le sue caratteristiche di guida) per un urto con un camioncino: Gino, naturalmente, non ne volle più sapere di montare con lui. Per rimettere a posto la vettura dovette sborsare 4 milioni!
Mentre correva con la “Molteni”, aveva una MASERATI: si allenava poco o mai, ma “mangiavo molto e spendevo tutto per la macchina”.
Nel 2003, su “La Gazzetta dello Sport”, il giornalista Andrea Schianchi ricordò, in un suo articolo, la figura di Romeo Venturelli.
Titolo: “VENTURELLI, ANQUETIL E UNA VITA DA RIBELLE”.
Sottotitolo: “Bartali paragonava Venturelli a Coppi, il Campionissimo lo seguiva con affetto. Lui prima della gara mangiava cotechino, la notte amava far tardi. Così consumò un talento che gli aveva permesso di battere Anquetil a crono. Oggi dice: “Se non fossi stato così disgraziato…”.
Articolo: “LAMA MOCOGNO (Modena). “Romeo? E chi lo sa dove è finito? Quello è sempre stato una primula rossa”. Al suo paese, qui sull’appennino modenese, i più giovani non sanno nemmeno chi sia e i più vecchi, quando lo ricordano, aggiungono: “Era un brigante”.
Una storia tanto ribelle quanto sbagliata, questa di Romeo Venturelli, ciclista nato con il talento nei muscoli ma non nella testa. Visse giorni da numero uno, nel 1960, proprio pochi mesi dopo la morte di Fausto Coppi, e l’Italia della bicicletta si convinse di aver trovato l’erede del campionissimo. Non avevano messo in conto, gli ottimisti, che un Cavallo Pazzo prima o poi ti sbalza dalla sella.
Era il periodo di Jacques Anquetil, freccia imprendibile. Venturelli lo batte prima in una tappa a cronometro alla Parigi-Nizza (14 marzo 1960) e già fece impressione quel risultato, poi gli soffiò il successo sul traguardo di Sorrento (sempre a cronometro) al Giro d’Italia. E quel giorno, venerdì 20 maggio 1960, Romeo Venturelli indossò la sua prima e unica maglia rosa della carriera. La sera fece baldoria alla sua maniera e la mattina si presentò in ritardo alla partenza. Incorreggibile. Oggi vive a Laigueglia, provincia di Imperia, si guadagna il pane tinteggiando le facciate delle case, e a ogni discorso sul passato promette una parola: rimpianto.
Se non fossi stato così disgraziato, forse adesso me la passerei meglio racconta ma il fatto è che era più forte di me. Il grande Bartali, che stravedeva per me, mi diceva: “Tu puoi andare più forte di Coppi”. E Coppi, che quando ero dilettante, mi seguiva con affetto, un giorno si raccomandò: “Meo mi chiamava così tu devi fare come me: vita da certosino, alimentazione regolare e poi pedalare forte. Hai dei mezzi incredibili”. Ho avuto la fortuna di avere quei maestri e la sfortuna di avere una testa dura che mi ha fatto deviare dalla strada giusta. Prima delle gare ero capace di mangiare tre piatti di tortellini, oppure il cotechino con le lenticchie. La notte stavo fuori fino all’alba e mi piacevano le donne. Come potevo diventare il nuovo Coppi se mi comportavo così?”.
Il giorno dopo aver preso la maglia a Sorrento, “La Gazzetta dello Sport” titolò la prima pagina: “Venturelli più forte di Anquetil”. Se non era un’investitura quella. E nel suo commento, Bruno Raschi descrisse Meo come “un pastorello timido”, in omaggio ai suoi natali sull’Appennino. In verità, timido non era proprio; semmai un ribelle, un “sessantottino” prima che scoppiasse il Sessantotto. Lo avremmo visto bene in piazza a gridare slogan, di cui magari lui stesso non conosceva bene il significato, però con una bella ragazza al fianco e un fiasco di vino in mano.
Una volta, al Giro del Lazio, si presentò senza uno scarpino e decise di correre con i mocassini. In altre occasioni arrivò alla partenza di qualche tappa senza bicicletta.
Era la disperazione dei direttori sportivi che, tuttavia, lo sopportavano sperando che prima o poi rinsavisse. Ma il cervello gli era proprio andato sulla luna, come al povero Orlando che divenne furioso.
Nemmeno i compagni lo amavano. Pierino Baffi, suo gregario durante una tappa del Giro d’Italia del 1965, dopo che la squadra lo aveva trascinato su tutte le salite, vide Venturelli strapparsi il numero dalla maglia ed entrare in un bar. Chiese un bicchiere di vino bianco e Baffi gli piombò alle spalle e gli mollò un pugno in faccia: “O ti muovi o ti lasciamo qui gli gridò Baffi Sei un pelandrone”.
Questo era Venturelli Romeo, talento lasciato per strada. Ora non va nemmeno più in bicicletta. Lo chiamano per i raduni degli ex ciclisti, però lui rifiuta. Sis entirebbe annegare nella malinconia, e forse anche nella rabbia: perché battere Anquetil a cronometro e poi sparire nel nulla è una specie di suicidio”.
Nel 2009 il quotidiano sportivo “La Gazzetta dello Sport” ha pubblicato, in occasione dei 100 anni del Giro d’Italia (1909 2009), “IL CALENDARIO DI FAUSTO 2009” dove ha voluto celebrare alcune mitiche imprese del “Campionissimo”.
Il mese di gennaio presenta un articolo, scritto dal Medico Pavullese Dr. Leo Lo Russo, riguardante il rapporto nato tra Fausto e “Meo” e titolante “COPPI-VENTURELLI, L’INCOMPIUTA DI PAVULLO”.
Tralasciando i primi capoversi, l’articolo continua:
…I giovani, negli anni ’50, non hanno speranze di futuro in questa terra. Così emigrano. Nonostante ciò, esistono movimento, speranza, voglia di vita e di affermazione.
Lo sport rappresenta una delle realtà più vivaci: è in questo clima che nasce la Pavullese, proprio mentre la grande eco internazionale dell’epopea di Bartali e di Coppi sembra attirare l’interesse di molti giovani; e poi il ciclismo è sport di fatica, di sofferenze, che da queste parti si conoscono bene e si è capaci di sopportare.
Anima, cuore e mitico direttore sportivo della squadra è Trento Montanini, classe 1915 e buon corridore dilettante negli anni Trenta.
Forgia molti corridori, ma la sua pepita d’oro è Romeo Venturelli, probabilmente il più grande incompiuto del grande romanzo del ciclismo; croce e delizia degli appassionati, capace di imprese memorabili, nelle quali batte campioni internazionali del calibro di Anquetil, Baldini, Rivière, fino a far gridare al nuovo Coppi, ma anche di distruggere, nello stesso tempo, le possibilità di una luminosa carriera, svuotato dalla vita irregolare e condizionata da una personalità bizzarra che gli impedisce di rispettare le dure regole della pratica sportiva.
E’ lui il punto di incontro di Pavullo con Coppi (o viceversa).
Coppi, ormai alla fine della sua carriera, lo vede in azione a gli basta poco per capire che quel ragazzone ha avuto dalla natura dei mezzi eccezionali; lo vuole al suo fianco nella San Pellegrino, ma non fa in tempo a trasmettergli i suoi segreti. E pensare che proprio Venturelli ha riaccompagnato a casa Fausto, dall’aeroporto, di ritorno dalla fatale battuta di caccia nell’Alto Volta.
Ma, a questo punto, è Trento Montanini.memoria storica di quel tempo, a ricordare l’incompiuta di Pavullo:
“Conoscemmo Coppi, nel 1956, alla Milano-Vignola. Forò poco prima dell’arrivo ed accettò di essere aiutato da noi, salendo sulla nostra macchina dell’U.S. Pavullese.
Fausto si interessava delle gare giovanili: voleva sapere tutto dei giovani promettenti, si procurava persino le loro cartelle sanitarie. Tramite noi conobbe Venturelli. Lo vide per la prima volta nel marzo 1957, a Sanremo, nel Gran Premio di apertura della stagione dilettanti. Ricordo che, quella volta, lo andammo ad aspettare su una salita, dove passò in ritardo, svogliato e con poca lena, come talvolta gli capitava. Fu allora che, quando ci passò accanto, cominciai a roteare un tubolare per spronarlo; lui lo schivò, ma capì la minaccia e cominciò a pedalare come sapeva.
Erano in testa tre corridori, Bertoglio, Grezzi e Guarneri, seguiti dal gruppo in cui Venturelli rientrò di lì a poco; cominciò allora a tirare per riprendere i fuggitivi ma, arrivato loro a tiro, si rialzò inaspettatamente, per ripetersi poi alcune volte nello stesso gioco. Vinse Bertoglio sui due compagni di fuga e Venturelli si piazzò quarto regolando il gruppo in volata. Quando gli chiesi ragione del suo strano comportamento, rispose:…volevo vincere una volata.
Nel 1958 Coppi e Venturelli trascorsero insieme una settimana di allenamento a Novi Ligure; Venturelli stava preparando la Modena-Pavullo a cronometro. In una discesa a 70 all’ora Venturelli chiese a Coppi se aveva un panino, perché aveva fame. Coppi strinse forte con le gambe la canna della bicicletta e, con molta cautela, passò il panino a Romeo.
Poi mi chiese:…ma va sempre così in discesa questo disgraziato?
Una volta a Pavullo Coppi sgridò Romeo perché volle mangiare dello zampone con i fagioloni. Gli disse pari pari:…che sia l’ultima volta! Poi, rivolto a noi, aggiunse:…Romeo ha bisogno di voi, stategli vicino.
E, relativamente alle modalità di allenamento, gli consigliava:…si deve sempre andare in bicicletta, con qualsiasi tempo, magari anche solo per 20 chilometri al giorno; voi qui avete la fortuna di avere anche dei tratti in pianura, approfittatene ripetendoli parecchie volte, se la stagione non vi permette la salita e la discesa.
Se non fosse mancato Fausto, il nostro Romeo sarebbe diventato un campione. State vicino a quel ragazzo, ci aveva detto Coppi. Invece, Venturelli è rimasto senza guida, come una barca in mare senza un timoniere”.
Il 23 marzo 2010 si disputò, con partenza e arrivo a Pavullo la terza tappa della corsa a tappe “Coppi e Bartali” e alla sera, al Cinema Teatro “Mac Mazzieri” di Pavullo, ci fu la presentazione ufficiale del libro “MEO VOLAVA AVVENTURE E SVENTURE DI VENTURELLI”, scritto da Marco Pastonesi, giornalista de “La Gazzetta dello Sport”. Qui si riporta l’ultimo capoverso del libro: “Il 2 gennaio 2010, cinquant’anni dopo la morte di Coppi, a Castellania salgono in tremila. Sembrano i titoli di coda di questo libro. Perché ci sono Massignan e Zanazzi, Defilippis e Carrea, Renato Giusti e Giordano Giusti, Trento e Albani, Cancelli e Motta, Francesco Moser. C’è anche Meo. Ha la faccia stanca, vissuta. Anche cappotto, pantaloni e camicia hanno un’aria stanca, vissuta. “Era stato Coppi rivela Meo a comperarmeli”. Li ha rispolverati, per l’occasione. Sulla tomba di Fausto, Meo depone una corona di fiori. C’è scritto: “A Fausto, il tuo allievo mancato, Romeo Venturelli”. Bravo Meo. Bel volo”.
Dopo una breve malattia (i sintomi erano iniziati nell’autunno del 2010) Romeo “Meo” Venturelli moriva a Pavullo, dove era tornato ad abitare stabilmente da circa 9-10 mesi grazie all’interessamento di amici pavullesi tra cui Giordano Giusti e Renzo Badiali, nella giornata di sabato 2 aprile 2011, all’età di 73 anni. Al funerale, tenutosi il 7 aprile presso la Chiesa dei Frati Cappuccini di Pavullo, era presente una grande folla di amici e tifosi: tra questi erano pure presenti alcuni grandi Campioni del ciclismo nazionale, compagni e avversari di “Meo” (Dancelli, Boifava, Arienti e altri). Alla fine della cerimonia religiosa, la figura sportiva e umana di “Meo” era ricordata da Gianpaolo Lenzini, già Presidente della Società Sportiva “Olimpia” di Pavullo, e da Marco Pastonesi, giornalista de “La Gazzetta dello Sport” e autore del libro “Meo volava”, presentato al pubblico giusto un anno prima. La sua salma veniva poi tumulata nella nativa Sassostorno, nel comune di Lama Mocogno.
Per ricordare la figura sportiva di Romeo Venturelli, un gruppo di sportivi pavullesi (Renzo Badiali, Giordano Giusti, Francesco Iacconi, Paolo Lenzini, Oreste Lipparini, Leo Lo Russo) ha restaurato una vecchia bicicletta “Bianchi” utilizzata, in corsa, da “Meo”: il Comune di Pavullo nel Frignano (Modena) ha collaborato con la bella iniziativa sistemandola, nell’autunno 2011, in una teca di vetro preparata all’interno delle sale degli uffici Sport e Cultura nel piano rialzato del Palazzo Ducale di Pavullo, in modo che potesse essere ammirata da tutti. Oltre a una bella foto di “Meo” sullo sfondo (la stessa che, nel 2000, fu assunta come “foto simbolo” per quest’opera “Il Frignano e lo Sport”), si possono ammirare la maglietta bianco-celeste della U.S. Pavullese e la maglia rosa conquistata, seppure per una sola tappa, al Giro d’Italia 1960 grazie alla mitica vittoria nella seconda tappa, a cronometro, di Sorrento (battendo, tra gli altri, il più grande “cronomen” mai esistito, il francese Jacques Anquetil).
Con riferimento all'articolo "Giulietta e Romeo" riportato alla fine dell'anno 1958, il mio amico Dr. Mauro Lineti così lo ha commentato:
"Caro Francesco, grazie per l’ articolo stupendo e che mi ha ricordato l’ amarezza che io bambino, frequentatore del Bar Zanotti, situato davanti al mio negozio e sede dell’ Unione Sportiva Pavullese, nonché nipote di uno dei personaggi cardine del ciclismo di quel periodo, mio zio Sesto Montanini, provai sulla mia pelle quando all’ interno del Bar si parlava di questo avvenimento.
L’ amore per l’ atleta vinse però anche questo momento, e questo si vide quando in un Circuito degli Assi vinto da Bebe Giusti, atleta della Pavullese, tutta la gente alla fine applaudiva Venturelli e ancor di più quando, dopo aver ripreso l’ attività sportiva, centinaia di pavullesi andarono a un circuito degli Assi a Vignola accompagnando Romeo con ovazioni durante tutto il percorso. In entrambi gli avvenimenti io ero presente.
Giuletta in questo caso non ce la fatta a vincere Romeo nel nostro cuore, ma, credimi, nessuno scritto, seppure bellissimo come l’ articolo da te inviatomi, non riuscirà mai a esprimere la nostra delusione. Lo stile mi sembra quello del Maestro Gualtiero Lutti, che ha scritto per la strenna in quel periodo, ricordando sempre i pavullesi lontani, e con uno stile eccellente".
Il Dr. Leo Lo Russo, anche lui informato sul contenuto dell'articolo "Giulietta e Romeo" riportato alla fine dell'anno 1958, ha espresso questo commento:
"Grazie Francesco per l'articolo, ironico ma sempre affettuoso, sul "tradimento" di Romeo.
Io allora non ero a Pavullo, neppure sapevo dove fosse Pavullo, nè avrei mai immaginato di viverci (e bene) un giorno, per cui non ho potuto provare gli stessi sentimenti di Mauro.
Ho però avuto occasione di parlare del fatto con Romeo, Trento, il Sire e Marco Pastonesi durante i viaggi, soprattutto in Toscana, a presentare il libro.
Romeo, in proposito, assumeva quell'atteggiamento un po' svagato di chi non riesci a capire se c'è o se ci fa e lasciava cadere, sornione, il discorso.
Se ho ben capito però, non fu solo una questione di automobile, ma soprattutto di soldi per lui e di potenza economica/organizzativa della società dove andava (la Brooklin allora era forse la più forte squadra dilettantistica d'Italia, nel più rigoroso stile del movimento ciclistico toscano, ancora oggi immutato) a fargli prendere quella decisione, che lo proiettò ai vertici del ciclismo dilettantistico nazionale.
Magari ci sarebbe arrivato lo stesso, anche rimanendo alla Pavullese, ma, come sempre, la potenza del denaro prevale sui sentimenti.
L'importante è che i pavullesi non hanno smesso di volergli bene e lo hanno dimostrato anche nei pochi ultimi mesi della sua vita, quando era tornato a Pavullo".
Nella controfacciata del suo libro “100 storie del Giro”, edito nel 2008, l’autore e giornalista, Beppe Conti”, così scrisse: “La leggenda ed il mito di Coppi e Bartali, Binda e Merckx, sino a Pantani, sino a Contador, all’insegna delle imprese più belle. Ma non soltanto i trionfi: anche le folli avventure di strada dei pionieri, nel cuor della notte all’inizio del novecento, la leggenda di Bottecchia nata da un rifiuto, il sabotaggio al tedesco Buse in rosa, il giallo di Guerra, il mistero della Cuneo-Pinerolo di Coppi. E il tradimento dello Stelvio. Il Bondone ed il Gavia, le lacrime di Massignan e le pazzie di Venturelli, le avventure di Taccone ed il genio di Zavoli, il cuore malato di Merckx, i litigi fra Moser e Saronni, quelli fra Visentini e Roche, la grandezza di Hinault e la saggezza di Indurain, la favola amara di un grande Pantani”.
Beppe Conti ricordò così, nella succinta presentazione del suo libro, i grandi Campioni (il “Gotha” del ciclismo di tutti i tempi) che fecero la storia del Giro d’Italia: tra questi ci inserì Romeo “Meo” Venturelli. Non certo per le sue imprese al Giro (anche se rimase, e rimane, notevole la vittoria nella tappa a cronometro di Sorrento nel Giro del 1960), ma per le sue “pazzie”: in ogni modo, “Meo” è rimasto, nel tempo, nella memoria dei veri “tifosi” della bicicletta. Segno inconfutabile, in ogni caso, che la sua “traccia” nel Ciclismo italiano rimase, e rimane, molto forte.