Il Ruzzolone
Una tradizione frignanese con antiche origini

INTRODUZIONE

E’ noto come siano tornati d’attualità il lancio del ruzzolone, della ruzzola e di altri giochi di origine remotissima e come tale attività sportivo-ricreative fossero da tempo praticate negli Appennini, rimanendo tuttavia limitate a fatti locali o extra-paesani, con incontri festivi e rituali varianti da località a località.

Diversi anni orsono, la provincia di Perugina iniziò il censimento dei gruppi di lanciatori sparsi nell’Appennino e li riunì per confrontare le regole generali praticate: fu deciso di creare un organismo associativo che coordinasse queste attività e fu costituita una “Federazione Italiana” (F.I.S.T.: Federazione Italiana Sport Tradizionali) che comprendesse tutti gli sports tradizionali, con proprio statuto e regolamenti di gioco tali da consentire incontri extra-provinciali e nazionali.

STORIA DEL LANCIO DEL RUZZOLONE: DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

Sulle antichissime origini del lancio del ruzzolone (e della ruzzola) si hanno testimonianze orali e reperti archeologici che, pur prestandosi a diverse interpretazioni, hanno lasciato tracce tali da poter avanzare ipotesi attendibili.

Fra le ipotesi più affascinanti c’è quella di chi ravvisa, negli affreschi tombali etruschi della “Tomba dell’Olimpiade” di Tarquinia, un lanciatore che regge in mano un oggetto spesso e tondeggiante (molto simile a una “forma” o a un moderno ruzzolone) tale da far pensare proprio ad un lanciatore di ruzzolone, con un attrezzo e con una posizione plastica nulla aventi in comune con il famoso “discobolo” di Mirone.

Si può supporre che, all’origine, ci possa essere stata la pastorizia etrusca: tale attività, nomade per sua natura, necessitava di pascoli temperati invernali (Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo) e di pascoli freschi estivi negli Appennini. E’ possibile che, durante queste transumanze e nei periodo stanziali, sia stata ideata questa attività ricreativa utilizzando forme di formaggio di diverso peso, che i pastori si divertivano a far rotolare per pendii e tratturi: da considerare che il lancio evidenziava anche la sapiente arte della lavorazione, della stagionatura e della compattezza del formaggio, poiché la mancanza di queste caratteristiche avrebbe fatto sì che si sarebbe spaccato nel corso del gioco, a tutto danno dell’immagine e della capacità artigianale di chi l’aveva prodotto.

Facendo un paragone con i tempi nostri, è bene osservare che il “ruzzolone” ha caratteristiche analoghe ai tipici formaggi del Frignano, della Garfagnana, dell’Umbria e dell’alto Lazio, mentre la “ruzzola”, di dimensioni più ridotte, ha l’aspetto di una caciotta, formaggio tipico delle Marche, dell’Abruzzo e del Molise. E’ quindi plausibile la tesi di chi sostiene che l’attuale gioco del “ruzzolone” e della “ruzzola”, in Emilia e in Umbria, sia stato praticato e diffuso dai pastori nel corso degli ultimi due secoli.

Si pensa che, durante l’Impero Romano, i cittadini dell’Urbe giocassero alla “ruzzica”, simile alla ruzzola attuale ma più piccola, con strani sistemi di gioco.

Pare che nel Medio Evo, con l’espressione “ad ruellas”, si indicasse l’usanza di lanciare il più lontano possibile, per gioco o per scommessa, dischi ed oggetti rotondeggianti.

La prima testimonianza del gioco fu trovata negli Statuti della Comunità di Gallicano, in Toscana, datati 1450: per lanciare il formaggio o le “girelle” lungo le strade o altrove, era necessaria la licenza del Commissario, pena il pagamento di due scudi d’oro.

Un documento del 1571 (“Statutorum ecclesiasticae terrae Sancti Elpidii volumen”, cioè gli Statuti di S.Elpidio a Mare) attestò che il gioco della ruzzola era diffuso nel territorio di Fermo, nelle Marche: “A nessuno sia lecito giocare a ruzzola o a formaggio (“ad rotulam vel caseum”) per le strade della nostra terra, sotto pena di quattro libbre di multa per ciascuno, ed anche fuori di detta terra per le vie che conducono a S.Maria del Gesù dell’Osservanza e a S.Agostino Vecchio, sotto pena di quaranta soldi per ciascuno. Chiunque sporgerà denuncia si guadagnerà un quarto della multa e gli sarà creduto sotto giuramento”.

Già fin da allora, i giocatori avevano problemi con i tutori del traffico ma, nonostante le multe, la tradizione rimase e, anche oggi, si può assistere ad appassionanti sfide sulle colline fermane.

E’ del 1598 la “grida” spiccata dal Podestà di Villa Minozzo (attuale provincia di Reggio Emilia), con la quale si stabilì che la “posta”, da porre in gioco, doveva essere “non più del valore della forma di formaggio” e che il premio, per il vincitore, doveva essere la forma di formaggio dell’avversario perdente.

Probabilmente, però, il prezzo della vittoria subì modifiche: nel 1600 il Duca Cesare I° d’Este notificò che ogni domenica, “alla ruggiola”, non si potevano giocare “ più di due scudi”.

Pure negli Statuti di Roccapelago (1602) e di Pievepelago (1664) si fece memoria di questo gioco.

Gli anni 1630 e 1631 furono quelli in cui la popolazione del Frignano fu anch’essa colpita dalla terribile, e più temuta, catastrofe di quei tempi: la peste. Migliaia furono le vittime in ogni zona della nostra montagna, con la popolazione “decimata” nel vero senso della parola. Eppure, queste vicende si intrecciarono, anche allora, con il nostro “ruzzolone”, come è riportato dal volume di Aurelio Mordini “Morire di peste sulle montagne del duca” (edito a Pievepelago nel 2005, pag. 90 e seguenti): “ 7 maggio 1631. L’oste di Lama ha acquistato del vino a San Dalmazio dove è entrato, incauto, nella casa del cap. Giovanni Maria Cantelli, morto l’anno scorso di peste con tutta la famiglia. Il 4 maggio è poi andato a Vaglio a giocare alla ruzzola con la forma e, in casa del sergente di quel luogo, ha baciato il suo figlioletto. Tornato a Lama, è stato colto da malessere e, in pochi giorni, è spirato con bubboni sotto l’ascella… Poco tempo dopo uno dei suoi tre figli è morto di contagio e stessa sorte è toccata al bambino di Vaglio infettato dal bacio dell’oste: si è ammalato anche suo padre, il sergente…La moglie e gli altri due figli dell’oste sono morti e ora la famiglia è sterminata. E c’è un seguito ad allungare la lunga catena di decessi: un pastore di Sant’Andrea, dopo una sosta all’osteria di Vaglio, ha avvertito un malessere generale e, in pochi giorni, è morto di carboni”. A quei tempi nessuno sapeva che la causa della peste era un batterio che si trasmetteva da uomo a uomo e, men che meno, non si conosceva nessuna cura efficace: le modalità di trasmissione erano tante e le più svariate, tra le quali va annoverata (ahimè, in questo caso) anche la passione per la ruzzola, causa scatenante dell’inizio della peste a Vaglio.

A Modena (“Modona”, come riportato in originale), il 24 marzo 1701 e per opera di “Bartolomeo Soliani, Stampator Ducale”, una apposita Commissione di S.A.S. (Sua Altezza Serenissima) pubblicò una “INTIMATIONE” riguardante alcune norme di “educazione civica” (per esempio, dove non si poteva stendere il bucato, dove non si doveva buttare l’immondizia o dove non si potevano far pascolare gli animali), tra le quali la proibizione di giocare, in luoghi ben definiti, a “Ruzola, Bocchie, Trucco o altro”: contro i trasgressori di tali norme si sarebbe proceduto in modo fermo e deciso.

Famosissima l’incisione del 1702 del pittore bolognese Giuseppe Maria Mitelli (1634 – 1718), che rappresentò, in venti piccole tavole, i principali giochi dell’epoca (trottola, bocce, birilli, pallamaglio, pallacorda, pallone con bracciale, lippa, dama, battimuro, giochi di carte etc…): in una di queste è chiaramente rappresentato il gioco della “ruzla”, cioè la “ruzzola”.

A Sestola (Modena), nel maggio 1761, il governatore Luigi Sforza emanò una “NOTIFICAZIONE”, opera degli “Eredi di Bartolomeo Soliani, Stampatori Ducali” e con forza di “legge perpetua”, per cercare di limitare i danni che il gioco della ruzzola provocava.

Nel romanzo "Il bosco grande", l'autore, Antonio Mazzieri di Lama Mocogno, descrisse (da pag. 55 a pag. 58) una gara di ruzzolone, avvenuta nell'estate del 1762 nei dintorni di Mocogno, un'attuale piccola frazione, a tre chilometri da Lama Mocogno, nella quale era ambientato il romanzo: "...Ma molti si dedicavano soprattutto al tiro della ruzzola, il divertimento le cui radici affondavano in un lontano passato. In questo o quel treppo (percorso su cui si lanciava il ruzzolone, n.d.r.), in una salda, lungo una carrareccia tra i boschi, trovavi molti lanciatori di ruzzolone impegnati in una partita e numerosissimi spettatori, pronti ad applaudire un tiro ben riuscito. E correvano anche sfide tra più di uno per conquistare il titolo di più forte tiratore della Zona, che comprendeva diverse Comunità.
Come ci si aspettava, non mancò l'ennesima sfida tra il campione di Mocogno, Annibale Barbi, chiamato Nibalin e il più forte tiratore di Acquaria, Tommaso Recchia. Come si sparse la notizia che quest'ultimo, meglio conosciuto come Quarzun per essere alto e forte come una quercia, aveva attaccato il ruzzolone, come voleva la sfida, alla maniglia dell'uscio di Nibalin, che Nibalin l'aveva accettata staccando il ruzzolone, l'interesse che suscitò nelle diverse Comunità fu enorme. Essendo Nibalin e Quarzun alla pari per passate vittorie e sconfitte, questa sfida avrebbe sancito la supremazia dell'uno o dell'altro. Ancor prima dello svolgimento della gara, che avrebbe dovuto aver luogo la prima domenica di settembre, si facevano pronostici sulla vittoria di questo o quel contendente. Chi parteggiava per Quarzun magnificava la sua forza che gli consentiva, in più tratti del treppo, lunghissimi tiri. I partigiani di Nibalin, una pulce come peso, statura, forza al confronto di Quarzun, contavano sulla precisione delle sue alzate (il cadere del ruzzolone in un determinato punto, n.d.r.) con tiri che, anche in condizioni difficili, erano stati più volte fautori di vittoria. Furono nominati due arbitri, l'uno di Vaglio e l'altro di Montecenere, che dovevano scegliere il treppo, seguire passo passo il regolare svolgimento della gara. Per comune accordo, come treppo fu scelto un tratto della strada tra Montecenere e Vaglio, che correva attraverso una vasta radura. Due le partite da farsi, a botta secca
(cioè senza staccare i piedi da terra al momento del lancio ed effettuando il successivo tiro nel punto preciso dove il ruzzolone si sarebbe fermato, n.d.r.) e, in caso di parità, la "bella".
La giornata della sfida, una serena giornata come sa darci spesso settembre, richiamò lungo il treppo centinaia e centinaia di persone per assistere alla memorabile gara. L'oste di Vaglio che, per antico diritto, poteva vendere cibarie anche fuori dall'osteria non solo per la fiera di Santa Lucia ma anche in altre particolari circostanze, si avvalse di questo diritto per far arrivare in più punti, lungo il treppo, alcune botticelle di vino e pane. Fresche pagnotte e larghe fette di pancetta non aspettavano altro che soddisfare la sete e l'appetito dei presenti all'entusiasmante gara. E di certo, per qualche bicchierotto di vino in più, diversi spettatori non sarebbero poi stati più in grado di giudicare il valore dei due contendenti.
Verso le quindici la sfida ebbe inizio. Gli arbitri controllarono il peso dei due ruzzoloni, poi i due contendenti giocarono a pari e caffo. Risultò vincitore Quarzun. Questi, dopo la preparazione di rito, fece un primo, lunghissimo, tiro che riscosse applausi dai suoi ammiratori. Il tiro di Nibalin risultò più corto almeno di due canne (canna = 2,28 metri, n.d.r.) ma il punto da cui ripartire si prestava meglio per il successivo tiro. Con magnifica precisione, sorpassando una leggera curva, lasciava dietro il ruzzolone di Quarzun, vincendo la prima partita. La seconda, che fu giocata tra un assordante urlare di gente lungo tutto il percorso, fu appannaggio di Quarzun.
Il pareggio, con la necessità di fare la "bella", aumentò l'interesse della folla. Un bellissimo tiro di Quarzun fu salutato da un boato di applausi dei suoi ammiratori. Ma, subito dopo, erano i partigiani di Nibalin a esultare, a gridare a gran voce.
L'entusiasmante sfida vide la precisione e l'astuzia di Nibalin, nella "bella", trionfare sulla forza di Quarzun. Grandi festeggiamenti, grandi bevute in onore di Nibalin per diversi giorni a Mocogno, ma anche nelle Comunità vicine dove alta era l'eco di questa sfida"
.

Il governatore degli Estensi proibì, nella zona di Fiumalbo, di “giocare alla ruzzola tanto col legno quanto col formaggio, né con filo, né a mano, né con la pala”, causa un ricorso presentato dagli abitanti del luogo per “essere stati colpiti de’ passeggeri, rotte invetriate e tetti” e ordinò “sotto la pena di lire venticinque da imporsi IPSO FACTO ad ogni giocatore tante volte quante sarà al divieto contravvenuto”: il “filo” dovrebbe corrispondere all’attuale “cordella”, mentre la “pala” era la comune pala di legno per spalare la neve. Il governatore concesse, invece, l’uso del gioco, sia con il legno che con il formaggio, “nel tempo di Carnevale, cominciando dal giorno dell’Epifania, esclusivamente a tutto l’ultimo giorno di carnevale inclusivamente”

L’uso della pala di legno fu tipico del periodo invernale, nelle zone di Pievepelago e di Fiumalbo: si delimitava, nella neve, un percorso e, su una pala stretta e leggera, si metteva un formaggio di 700-1.000 grammi, che veniva lanciato, con tecnica assolutamente libera ma con un movimento di sollevamento della pala stessa, il più lontano possibile. Questo modo di lanciare la ruzzola o il formaggio scomparve verso gli anni ’20 del secolo scorso.

Nel 1764 a Vermogli, nelle Alpi Apuane, una “grida” bandì il gioco della trottola, forma o ruzzolone e, per verificare che tale norma fosse osservata, furono inviati, in perlustrazione, persino gli “sbirri”.

Nel 1809 il pittore romano Bartolomeo Pinelli (1781 – 1835) fece un’incisione con la rappresentazione di “giocatori di ruzzola”.

Il 10 ottobre 1831 fu reso noto il sonetto, intitolato “Er gioco de la ruzzica”, del famoso poeta romanesco Gioacchini Belli (1791 – 1863).

Il periodico mensile “IL MONTANARO”, edito a Pievepelago, nel marzo 1884 (anno I°, N.5) pubblicò un lungo articolo dove l’autore, sotto la firma di “Un girovago”, raccontò una “GRAN PARTITA AL RUZZOLONE DA PIEVEPELAGO A BARIGAZZO”.
Nel presentare l’articolo, l’editore così scrisse: “Crediamo far cosa gradita a molti fra i nostri lettori pubblicando questo articolo, benché assai prolisso, nel quale è descritta una delle costumanze più caratteristiche della nostra montagna”.
La lunghezza del percorso di gara era di 13 Km. e, cosa che dava maggior prestigio alla gara, sempre in salita, partendo dai 735 metri s.l.m. di Pievepelago e arrivando ai 1.170 metri s.l.m. di Barigazzo, con un dislivello superiore ai 300 metri. Il percorso di 13 Km. fu diviso in sette tratti (il primo da 1 Km. e gli altri sei da 2 Km.), in modo tale che si sarebbero fatte sette distinte partite.
I contendenti erano divisi in due squadre, “quelli di sinistra” e “quelli di destra”, evidentemente senza alcuna allusione “politica”!
La squadra di “quelli di sinistra” era formata da: Battista Grandi (il telegrafista di Pievepelago, il miglior lanciatore della compagnia), Ercole Vicini (consigliere comunale di Pievepelago, direttore della società filodrammatica, “uomo intelligente e filantropico, colla barba bionda e rada”), Giovanni Azzi (cappellaio, “baffi arruffati, uomo di spirito e di molta buona volontà”), Domenico Stefanini (di S.Andrea Pelago), Adolfo Ferrari, Anacleto Preti.
La squadra di “quelli di destra” era formata da: Giovanni Galassini (cognato del Preti), Dr. Melchiorre Ugolini (il medico condotto di Pievepelago: “grasso, con occhiali e barba nera”), Pellegrino Nanini (di S.Anna Pelago, “grassotto, alto, rubicondo, che ride sempre e che tira bene anche lui”), Settimo Grandi (fratello di Battista), Pellegrino Zanetti (“giovinotto sottile e biondo”).
Durante il percorso si aggregarono anche Gaetano Stefano Migliorini (di Modena, maestro della banda di Pievepelago) e il pievarolo Adolfo Galli. Da notare che i componenti delle due squadre non erano fissi e ci furono dei “passaggi”, lungo il percorso, dall’una all’altra.
Di seguito, alcuni significativi “passi” del racconto:
“Lungo la via, quando passavamo dinanzi a quei poveri casolari, la gente meravigliata sortiva e si vedevano, di quando in quando, facce magre e affumicate di donne affacciarsi, con aria di curiosità interrogativa, a quelle piccole finestrelle, o putti mezzo vestiti e sudici come porcelli correr fuori dell’uscio per vedere l’insolito spettacolo…Via via che uno tirava, gli altri gli si stringevano attorno o andavano avanti per indicargli il luogo più adatto ove dirigere il ruzzolone. “Fallo passare di qui”, gridava uno. “Bada di non tenerla stretta”, soggiungeva un altro. “Forza, forza”, ripeteva un terzo, e il giocatore tirava e, se aveva fatto bene, oltre alle battute di mano, agli elogi e ai “bravo” dei compagni si buscava una lunga suonata di cornetta come segno di distinzione, mentre, se aveva tirato male, rimproveri, canzonature e fischi. Ma d’aver fatto male non era mai colpa del giocatore. Una scusa per giustificarsi c’era sempre: ora era stato un sasso che aveva deviato il ruzzolone, ora la manetta che era troppo corta, ora il “briolo” che non stava ben fermo…Di quando in quando il ruzzolone usciva di strada o giù a precipizio per un grotto od un torrente. E il servitoretto passava d’un salto la siepe o il parapetto della strada e via di gran trotto in cerca del ruzzolone fuggiasco, finchè non veniva finalmente trovato e portato sulla strada…Alla fine della terza partita, che fu vinta dalla sinistra, il dott. Ugolini, salito in caraletta, si avviò a Barigazzo per far approntare il desinare ed in sua vece passò a destra Stefanini Domenico mentre a sinistra, nel posto di Stefanini, andò Azzi Giovanni…Alle 11 e ¼ giungemmo al Capannone, piccolo villaggio di 2 o 3 case, posto sulla via Nazionale a 6 Km. circa dalla Pieve. Entrammo tutti nell’osteria. “Due litri”, chiamava una voce; “quattro ova”, diceva un’altra più forte; “pane, pane”, soggiungeva un terzo e tutti comandavano qualche cosa così per rinforzare lo stomaco che, a forza di tirare, s’era alquanto indebolito. Poi, dopo aver mangiato e bevuto in cucina, fu presa d’assalto la bottega per provvedere la riserva, e chi s’intascò del cacio, chi della salsiccia, chi prese delle altre ova. Finalmente, pagato il conto, colla pancia piena si riprese la strada. Ci stava davanti un bel tratto di strada in fondo al quale un ponticello. Io e parecchi altri eravamo vicini al tiratore; altri, ed erano i più, erano andati avanti e stavano appunto sul ponticello attendendo che il ruzzolone giungesse fin là. Il tiro fu lungo più di quanto si credeva e il ruzzolone, quando fu in fondo, urtò in un sassetto e saltò di là dal ponticello.Un grido acutissimo, accompagnato da un tonfo cupo e da innumerevoli sprazzi d’acqua, si fece sentire; e tutti quelli che erano sul ponticello, impalliditi, s’affacciarono per vedere quel che fosse avvenuto. Per fortuna non era stata che paura. Un bambina, di forse 12 anni, lavava dei panni nel pozzo ove il ruzzolone era improvvisamente e inaspettatamente caduto. Tutti restarono momentaneamente sconcertati per quel fatto che avrebbe potuto avere serie conseguenze, ma chi poteva d’altronde immaginare che dietro quel ponte stesse lavando una fanciulla. Il fatto è che il giuoco del ruzzolone è igienico, salubre, dilettevole fin che si vuole, ma può costar caro se non è diretto con la massima prudenza…Nella settima partita Azzi cedette il posto ad un nuovo giuocatore accidentalmente sopravvenuto, Galli Adolfo della Pieve…Alle 2 e 49 minuti precisi il ruzzolone oltrepassava il termine dell’ultima partita e i giuocatori, contenti come pasque, entravano nella locanda del signor Adani Enrico dove li attendeva sontuoso pranzo, su una bianca tavola coperta di piatti e di bottiglie. A due, a tre, aq cinque per volta, i giuocatori chiacchieroni, baldanzosi, pieni di brio entravano nella sala e con quale appetito si ponessero a tavola non è a dirsi. Nonostante le parecchie colazioni fatte, l’esercizio continuo del braccio e della gamba aveva vuotato del tutto il loro stomaco che sentiva il massimo bisogno d’abbondante ristoro…Grida di gioia e d’evviva, brindisi, aneddoti, barzellette si alternarono colle pietanze ed allietarono il gioviale banchetto. Alle frutta l’amico mio sorse a parlare…Accordò il vanto della vittoria alla destra ringraziandola d’aver generosamente rinunziato al premio vinto, poi soggiunse che la vittoria morale spettava alla sinistra che aveva percorso 12927 metri, mentre l’avversaria ne aveva percorso soltanto 12878. Disse ancora che dalla Pieve a Barigazzo erano state impiegate 6 ore e 36 minuti; che erano stati fatti da ognuna delle parti 203 tiri; che il tiro medio della sinistra era riuscito di metri 63,68 mentre quello della destra era risultato di metri 63,44…Rincresceva partire allora che gli animi erano inebbriati di gioia…Avevamo promesso di trovarci alla prova della banda che nella domenica successiva doveva farsi onore a Riolunato e non volemmo mancare alla parola data…Cinque carrozze erano pronte per ricondurre la gioconda comitiva alla terra natale e due di queste erano del sig. Turini Angelo e Ugolini Domenico di Barigazzo che, con tratto più che gentile, vollero manifestare ai Pievaroli la loro simpatia coll’accompagnarli a casa. Il viaggio di ritorno fu degna corona al resto della gita e sonori canti echeggiarono nel silenzio della notte per quei silvestri monti dove resterà viva per anni ed anni la memoria di quella bella partita a ricordanza dello spirito di cordialità, d’unità e di fraterna benevolenza che regnava all’ombra del Cimone e sulle limpide acque dello Scoltenna nel carnevale dell’anno di grazia 1884”.

Tra la fine del secolo scorso e i primi del '900, primeggiarono, nell'Appennino Modenese, due giocatori leggendari: Casimiro Gualandi, di Montese, e Giovanni Galassi, di Pavullo nel Frignano. Erano imbattibili e, per trovare avversari, dovevano concedere vantaggi di ogni specie (lanciare con la mano sinistra, assegnare loro uno o più lanci, lanciare con i piedi legati o stando in ginocchio etc…). Epici i loro scontri diretti nei dintorni di Pavullo, dove il Casimiro spesso si recava a cavallo, avendo sposato una Benedetti di Pavullo: spesso prevaleva proprio il Casimiro, specie per la sua indiscussa precisione nei lanci.

Di Casimiro Gualandi, boscaiolo di S.Martino Vallata (destra Val Panaro), si raccontano molti episodi che, con il tempo, hanno forse assunto del leggendario. Si racconta che un giorno il Gualandi si trovasse a Montalbano di Zocca e che il parroco di quella minuscola frazione lo sfidasse in una gara: l’accordo sulle modalità della gara fu raggiunto in breve, con pochi vantaggi per il parroco che “giocava in casa” su un percorso a lui ben noto. La gara ebbe inizio con il curato che effettuò i suoi lanci con maestria, tanto che ormai si considerava vincitore. Il Gualandi, allora, chiese una momentanea sospensione per andare a studiare minuziosamente il percorso: quindi propose al parroco di raddoppiare la posta, cosa che il parroco accettò senza discutere. Gualandi effettuò i lanci successivi con estrema precisione e raggiunse per primo il traguardo. Al che, il parroco esclamò: “Ma questo non è un uomo, è un diavolo!”.

Altro personaggio più recente è stato Giovanni Guidotti, di Montese, che continuò fin quasi all'età di 80 anni con innumerevoli vittorie: lo si vedeva in azione tutti i lunedì, al mercato di Montese.

Fece notizia la sfida tra due montesini, che ebbe luogo a Ranocchio (ora San Giacomo Maggiore, in alta Val Panaro): iniziata in un mattino d'inverno, terminò il giorno dopo, dopo che i contendenti ebbero lanciato tutta la notte, illuminati da qualche torcia.

Nel 1927 il Dott. Natale Mascagni promosse i primi Campionati Provinciali. Nei primi anni si distinsero: da Verica di Pavullo Clerio Fabiani e Rinaldo Fratti detto "Frullina" (immortalati in due memorabili fotografie durante l'edizione del 1931, a Zocca), da Castel d'Aiano il maresciallo Duilio Rubini, da Montese Giovanni Guidotti con Italo Gualandi (figlio di Casimiro) e Giuseppe Malavolti (il famoso "Gnacarein"), da Montecreto il Boldrini e da Polinago il Corsini. Tutti lanciatori di elevata classe, che dominarono gran parte delle gare svoltesi tra il '30 e il '40 e disputatesi a Verica, Montese, Piane di Mocogno, Montefiorino e Polinago.

Altri famosi giocatori di Montese furono Augusto Balestri, Dante Zaccaria e Domenico Tonelli. Tornando al montesino Giuseppe Malavolti (“Gnacarein” o “Gnacherino”, nato nel 1907), uno dei personaggi più caratteristici della storia del lancio del ruzzolone, occorre dire che giocò al ruzzolone per tutta la vita: a 74 anni, nel 1981, era ancora temuto perché, pur non disponendo più di molta forza fisica, era preciso e furbo.

A meno di 30 Km. da Montese, a Zocca e Villa D’Aiano, si formò un gruppetto di forti lanciatori, di cui fece parte Emilio Rubini, noto per l’eleganza con cui lanciava l’attrezzo e, come potenza, era sul livello di Italo Gualandi. C’era anche Giuseppe Corsi (“Pipetta”) che dava filo da torcere: sempre, prima di affrontare una gara, si nutriva con una dozzina di uova sode che si portava da casa.

In quella zona altri validi lanciatori furono Ugo Zona, Fernando Lenzi (sostenitore e organizzatore di competizioni sportive nella zona e promotore dell’unificazione del gioco fra le nostre zone e quelle dell’Italia centrale), Arrigo Dani, Filippo Rubini (“Il mancino”) e Duilio Rubini. Di quest’ultimo, originario di Castel D’Aiano, si racconta che, dovendo effettuare un lancio molto difficile e lungo che prevedeva anche il superamento di un fossato, si servì del fratello, che venne sistemato al centro del ruscello con un asse di legno sopra la sua schiena: il Rubini doveva colpire, con un lancio di sollevamento, il centro dell’asse per permettere al ruzzolone di schizzare sulla sponda opposta. Con un preciso e bellissimo lancio, che “fece epoca”, riuscì nell’intento, sotto l’occhio incredulo di molti spettatori.

Alla fine dello ‘800, un tal Baraccani si giocò la sua dimora della roccaforte di Monterastello (posta tra Niviano e Verica, nel pavullese, e a lui pervenuta da un antico avo podestà estense a Ferrara) proprio perdendo in una partita di ruzzolone. Infatti, in un pomeriggio festivo di metà quaresima, lanciando “là dove la va” una forma stagionata di cacio pecorino, perdette il castello, collegando così la storia del piccolo fortino a quella della tradizione e del folclore popolare della nostra montagna.

La prima vera cronaca giornalistica (sia scritta che fotografica) fu quella riguardante il CAMPIONATO PROVINCIALE DI ZOCCA (6-9-1931), apparsa sul periodico settimanale modenese “La Settimana Modenese” (Anno II, N. 37, Pag. 2).
Domenica scorsa a Zocca si è svolta brillantemente la gara di campionato provinciale pel lancio della “ruzzola”.
Tipico è codesto gioco, venuto a noi dalla tradizione, solo in parte modificato in quanto alla forma di formaggio anticamente usata è sostituita la “ruzzola” di legno.
Non è esclusivamente nostro e non è della montagna, perché in molte regioni d’Italia lo si è praticato sia nel monte che nel piano, ma convien dire che i nostri montanari mai hanno smesso l’esercizio salutare del tipico gioco, anche se individualmente era svolto, limitatamente fra villa e villa l’eventuale tenzone che si praticava nei dì della Sagra.
Oggi, per l’interessamento di alcuni innamorati delle nostre tradizioni, capitanati dal Dott. Mascagni, Podestà di Zocca, e dal Prof. Carlo Sandonnino – sia detto tra parentesi: promotori che al bisogno si fanno attori, perché essi stessi non disdegnano di indossare la veste dei lanciatori – la ridente Zocca è diventata teatro animatissimo delle annuali competizioni.
I concorrenti sono giunti da ogni parte dell’Appennino e hanno dato prova di elevata passione sportiva, profondendo energia per degnamente figurare, di fronte ad un campo asperrimo.
Sui monti, l’abilità e giustezza dei lanciatori è, a punto, messa a dura prova dalle difficoltà del percorso poiché sono molti e naturali ostacoli – ed a volte anche di proposito scelti – che vengono ad intralciare quella che dovrebbe essere la via retta.
A gara finita abbiamo tratte, attorno alla natura di codesto gioco, conclusioni che potrebbero parere strampalate, ma che invece non sono tali.La prima è che abbiamo trovato più divertente, per noi spettatori, l’assistere ad una gara di “ruzzola” di quello che possa dirsi di una gara di lancio del disco, quale modernamente lo si pratica.La seconda strampaleria è questa: che l’antico disco che la Grecia ci ha immortalato e nei giochi e nelle statue, poteva essere, nell’antichità primitiva, niente di più di una ruzzola lignea o meglio ancora una forma di sodo cacio.
Certe celebri cose, si riducono, bene spesso, ad avere banalissime origini, perché civiltà più o civiltà meno, tutti fummo preistorici il che vuol dire eguali e tenuti negli atti e nelle manifestazioni a quanto la natura inspira o pone.
Una raccomandazione agli organizzatori.Sarebbe tanto di guadagnato per la bellezza del gioco se – come si pratica negli altri giochi – i lanciatori comparissero in veste più succinta. Un lanciatore con tanto di pantaloni, camicia e solino, non è bello.
Ecco i risultati.
Il campionato individuale è stato vinto da Fabiani Clerio di Verica di Pavullo, secondo è stato Zona Emilio di Zocca.
Il campionato a coppie è stato vinto da Lenzi Fernando e Zona Emilio di Zocca, seconda la coppia Rubini Erminio e Bertini Filippo pure di Zocca.

Passato il periodo post-bellico con rari incontri, il compianto Cav. Ferdinando Lenzi, di Zocca, istituì la ripresa, nel settembre '57, del Campionato Provinciale, appunto a Zocca, denominato "Trofeo Mascagni", che poteva essere assegnato solo se vinto per 2 anni, anche non consecutivi. Nel '57 e nel '58 dominò la coppia Duzzi Carlo ("Carlone", per la sua mole) - Molinazzi (di Zocca), nel '59 la coppia Gualandi-Giacobazzi (di Montese), nel '60 Ricchi-Candeli di Palagano.

Nel '59 il Cav. Lenzi prese contatto con i Sigg. Caraffini e Farina, di Perugia, ed organizzò un primo incontro con l'Umbria, svoltosi presso le antiche mura di Norcia, il 6 giugno; in quell'occasione si vide che le regole del gioco, tra Emilia e Umbria, avevano una certa affinità. Nel '60 altro incontro a Marciano (Umbria) e nel '61 a Zocca.

Nel '67 il Cav. Lenzi costituì, a Zocca, il primo gruppo modenese (33 persone) iscritto all'Unione Italiana Sport Tradizionali (U.I.S.T., poi F.I.S.T.); nel '68 i gruppi modenesi affiliati diventarono 7 (144 tesserati) e, nel '70, 10 (358 tesserati).

Queste notizie storiche sono state tratte da scritti di Mario Gualandi, figlio di Italo e nipote di Casimiro, grande giocatore ed animatore della ripresa di questo antichissimo gioco nell'Appennino Modenese. Inaspettato e temuto, comparve ad un Campionato Provinciale, rientrando appositamente dagli Stati Uniti, dove la famiglia era emigrata. Ora vive a Bologna.

Dal 1970-1972 il ruzzolone divenne uno vero Sport Tradizionale, particolarmente presente in Umbria (provincie di Perugina e Terni) e in Emilia (soprattutto la provincia di Modena, nella sua parte pedemontana e montana, il Frignano, e la provincia di Reggio Emilia): negli ultimi anni il gioco è presente pure nella zona di Milano, dove è stato trapiantato soprattutto da persone provenienti da Lama Mocogno.

Sono sorte Società Sportive ben organizzate, con giocatori agonistici divisi nelle tre categorie “A” – “B” – “C” (nella “A” quelli più bravi e più forti) e con presenza di un “settore giovanile”, nelle quattro categorie “juniores” – “allievi” – “ragazzi” – “pulcini”.

Ogni anno viene stilato un preciso calendario di gare (“individuale”, “a coppie” e “a squadre”) culminanti nei vari campionati provinciali e regionali. La competizione annuale di maggior spicco è rappresentata, naturalmente, dai Campionati Italiani Assoluti: una sede ospita quelli “individuali” – “a coppie” – categorie giovanili e un’altra, in diversa data, quelli “a squadre”. Per ognuno di questi due Campionati Italiani la sede passa, alternativamente di anno in anno, dalle due provincie di Perugia o Terni a quelle di Modena o di Reggio Emilia.

La "Gazzetta di Modena" del 24 agosto 1972, in occasione di un numero speciale dedicato alla Fiera di San Bartolomeo a Pavullo, pubblicò, a pagina 3, un lungo articolo di Franco Mantovi dal titolo "Clerio, per tanti anni l'imbattibile campione - Lui e la ruzzola inseparabili - Con 74 primavere in corpo è il presidente e l'animatore del gruppo dei ruzzolanti di Pavullo. Domenica sarà al "trofeo Gualandi" a Montese": "Chi, nel mondo della ruzzola e dei giochi pi&łgrave; autenticamente tradizionali del nostro Appennino non conosce Clerio, Clerio Fabbiani di Verica pavullese, si sente in torto ... Clerio (all'anagrafe lo denunciarono come "Clario", ossia "illustre": ma non lo sapeva neppure lui fino a qualche mese addietro) ha settantaquattro anni, ma li porta in maniera egregia; alto, ben piantato, con un sigaro in bocca, vive da mezzo secolo di ruzzola, come passione e come "mondo suo" anche se ha fatto, fino a qualche anno addietro, il contadino in un fondo di Semese-Verica di proprietà del compianto commendator Vincenzo Ghibellini, di cui era amico fraterno da sempre ... Clerio mi ha introdotto ai misteri e al fascino della ruzzola, alla rievocazione delle gare (decine e decine) da lui vinte nell'arco degli anni venti - quaranta: "Quelle individuali le ho sempre vinte ed una sola volta sono arrivato secondo con tal Santinieri a Cappella di Mutigliano, in Toscana" ... Fece poi coppia con Agostino Sorbelli da Iddiano, amico carissimo ed eccezionale tiratore a sua volta, fratello del professor Albano che fu poi illustrissimo scrittore e direttore dell'Archiginnasio di Bologna ... Racconta come, negli anni trenta, a Montecreto presenziava l'on. Sandonnino ... Oggi la ruzzola è un disco di legno di castagno, ma Clerio gareggiò per anni, in tutte le contrade del nostro Appennino e di quello Reggiano, con forme autentiche di formaggio, che arrivavano a sette-nove chili addirittura! ... Mi presenta uno schema di regolamento di una ventina d'anni addietro, ricco e dettagliato in dieci articoli: "Pensi che è permesso ripetere il tiro solo quando la ruzzola venga incidentalmente urtata da un estraneo, provocandone l'arresto o la deviazione: in questo caso si parla di "ruzzola ferita". Se al'attrezzo dovesse adagiarsi sopra una siepe, sarà un giurato o un ragazzo a provocarne la caduta mediate scuotimento ed il concorrente effettuerà il tiro toccando con il piede il punto in cui la ruzzola sarà caduta. Se una gara non dovesse essere conclusa alle 19 di sera, dovrà essere ripresa la mattina del giorno successivo ... Per fare un buon "ruzzolante" ci vuole molto occhio, pratica dello strumento, studio del terreno ed anche forza fisica" ... Andiamo sul percorso per una dimostrazione pratica: per i giovani è ancora un validissimo maestro, fornisce poche ma importantissime spiegazioni. Ci invita al quinto "trofeo Gualandi" che avrà luogo fra una settimana a "Casa Zocco" di Montese".

Il 23 settembre 1973, a FIORANO (MO), ebbe luogo la prima edizione del Campionato Italiano “Lancio del ruzzolone”, grazie soprattutto al grande apporto del Cav. Ezechiele Leopardi, di Modena, e del Dott. Gino Bellezza, di Perugia. Vincitori furono, nello “individuale”, Armando Ricci (da Perugia) e nella “a coppie” Giuseppe Moretti – Orlando Sdoga (da Perugia).

Il 15 settembre 1974 seconda edizione del Campionato Italiano “Lancio del ruzzolone” a VAIANO DI CASTIGLIONE DEL LAGO (PG): vincitori Romeo Cerfogli (da Modena) e la coppia Luigi Basiglini – Natale Basiglini (da Perugina).

Il 14 settembre 1975 si svolse, a TOANO (RE), la terza edizione del Campionato Italiano “Lancio del ruzzolone”. Vinse il perugino, di Ponte San Giovanni, Antonio Milucci, precedendo tre modenesi (Giuseppe Ugolini da Maranello, Ezio Chiodi da Vignola e Giuseppe Corsini da Semese di Pavullo nel Frignano). Nella specialità “a coppie” vinsero Romano Preci – Vello Donini (da Montetortore di Zocca), precedendo tre coppie di fratelli: Giuseppe Bisiglini – Natale Bisiglini (da Marciano di Perugina, campioni uscenti), Alfio Curti – Alberto Curti (da Perugina) e Ilario Nardi – Giuseppe Nardi (da Bologna).

In totale, presenti 96 lanciatori provenienti dalle provincie di Modena, Reggio Emilia, Bologna, Perugina, Ancona, Viterbo, Rieti e Arezzo.

Nel gennaio 1976 si tenne, a Pavullo nel Frignano, l’assemblea provinciale dei lanciatori del ruzzolone, presieduta da Nucci Dinori di Acquaria di Montecreto, con la presenza dei rappresentanti di ben 32 circoli sportivi locali aggreganti circa 1.500 atleti: nel riportare questi dati sulla rivista “Sport e folclore” del maggio 1976, l’autore Franco Mantovi definì il lancio del ruzzolone “Il golf delle montagne”.

Il famoso settimanale “Epoca” pubblicò un articolo, nel luglio 1979, dal titolo “Il pallone e il pecorino – Oltre al calcio, a Perugina si praticano anche il “ruzzolone” e la boccia “alla lunga”, discipline secolari ma poco conosciute”. Ecco alcuni passi: “Il ruzzolone è praticato, soprattutto nel perugino e nel modenese, da oltre 4 mila appassionati…Augusto Bongiorni, artigiano di 42 anni, è uno dei migliori giocatori italiani di ruzzolone: “Non direi semplicemente giocatore, direi atleta. Per questo sport occorre un notevole allenamento, forza fisica e resistenza alla fatica in gare che durano anche sei ore…Il ruzzolone è una tradizione che bisogna conservare: mio nonno giocava, mio padre giocava e per me è quasi un dovere continuare la tradizione famigliare”.

NOTIZIE TECNICHE E REGOLE DEL GIOCO

GLI ATTREZZI
Come attrezzi per il gioco, sono richiesti il ruzzolone e la fettuccia (o “cordella”) con il rocchetto (o “croccolo”) per il lancio: la forma di formaggio e' stata gradatamente sostituita, tranne in qualche area ancora conservatrice.
Il ruzzolone deve essere di legno (massiccio o di assi unite assieme) con le seguenti misure: diametro di 26 cm. (con tolleranza di 1 cm. in più o in meno), peso di 2,3 Kg. (con tolleranza di 100 grammi in più o in meno), spessore di 6 cm. (con tolleranza di 0,5 cm. in più o in meno). Pesi e misure inferiori sono previsti per ognuna delle categorie giovanili (per i “pulcini”, per esempio, il diametro è di 16 cm., il peso di 1 Kg. e lo spessore di 4,5 cm.).
Il ruzzolone non può essere cerchiato, ferrato o zavorrato: la superficie destinata a rotolare sul terreno deve essere appiattita e gli angoli smussati per circa 2 cm.
Nelle gare nazionali i ruzzoloni (tutti uguali di peso e di misure) sono forniti dagli organizzatori, numerati ed assegnati secondo l’ordine di sorteggio.
La fettuccia, o “cordella”, può essere fatta con qualsiasi materiale e di dimensioni a piacere. E' lunga circa 3,5 mt.e larga 2 cm. : ad un’estremità deve avere un anello del medesimo o di altro materiale, per infilarvi il braccio, ed uno “zeppo” (o “rocchetto” o “croccolo”) per impugnare più saldamente il ruzzolone durante il lancio. La “cordella” deve essere avvolta sulla circonferenza del ruzzolone ed è vietato qualsiasi sistema artificiale di aggancio. Per aumentare l’aderenza della “cordella” al ruzzolone, è consentito bagnare o ripiegare l’estremità della stessa.

IL LANCIO
Il ruzzolone va lanciato con la “cordella” nel suo senso verticale (“di coltello”), affinché corra rotolando su se stesso: in condizioni particolari sono ammessi lanci senza “cordella”. Non sono ammessi lanci di prova

IL CAMPO DI GIOCO
Il campo di gioco (strada, pista o percorso) può essere fissato su strada o su qualsiasi terreno naturale, con caratteristiche tali da rendere possibile e interessante la corsa del ruzzolone.
Le gare “ufficiali” hanno luogo in un impianto artificiale, appositamente predisposto per il lancio del ruzzolone e chiamato “treppo”: ciascun “treppo” è costituito da diverse piste, tracciate in luoghi idonei quali vasti prati, abbastanza pianeggianti e senza grosse pendenze, o greti di fiumi o torrenti. Come previsto dal regolamento, sulla pista di gioco vengono prefissati, all’inizio, un punto di partenza e, al termine, uno di arrivo (i cosiddetti “salvi”), che possono essere costituiti da alberi, sassi e altri semplici segnali naturali o artificiali, posti a distanza di circa 4-8 metri l’uno dall’altro e uniti da una riga tracciata sul terreno.
Per valorizzare non solo la forza ma anche l’abilità, la precisione e il calcolo dei giocatori e per rendere più competitiva la gara, su ogni “treppo” vengono fissati, con pali o alberi o semplici segnali, passaggi obbligati, detti “biffi” o “rovesci”, collocati in punti diversi e nel numero massimo di quattro.
La lunghezza minima del percorso non può essere inferiore a quella raggiungibile con una media di quattro tiri.
Negli ultimi 40 anni le gare si sono svolte quasi del tutto in questi impianti “chiusi” mentre, soprattutto per il traffico automobilistico, non si svolgono più (neppure a livello “amatoriale” di puro passatempo) lungo le normali strade di comunicazione, una volta molto “battute” appunto perché poco trafficate. Un’eccezione curiosa fu rappresentata da alcune domeniche di “austerity” della prima metà degli anni ’70 del secolo scorso, nelle quali, per carenza di approvvigionamento petrolifero e per risparmiare benzina, si vietò il traffico delle automobili in tutto il territorio nazionale: le strade completamente libere fecero spuntare lungo le stesse, in tutto il Frignano, numerosi lanciatori di ruzzolone impegnatissimi in accanite gare.

LA GARA
La gara, “individuale” o “a coppie”, ha inizio con il sorteggio fra i due contendenti, per effettuare il primo lancio. Ogni contendente sceglie, non sempre, il “consigliere”, un amico fidato o il compagno di squadra, che deve studiare il percorso di gara e indicare al lanciatore come dovrà essere effettuato il lancio: il “consigliere” deve tenere il pubblico, che assiste alla gara, ai bordi della pista per non intralciare la corsa del ruzzolone.
Il lanciatore, dopo avere avvolto la “cordella” attorno al ruzzolone, sceglie la posizione più adatta (anche su indicazione del “consigliere”) per effettuare il lancio, sistemando bene i piedi per non scivolare. Fa compiere al braccio, che tiene impugnato il ruzzolone, tre o quattro slanci, con la massima concentrazione e allineando il ruzzolone alla pista.
E’ questo il momento del maggior sforzo fisico: fa un ultimo e più profondo slancio, toglie le dita dal “croccolo”, il ruzzolone si srotola velocemente, la “cordella” sbatte violentemente sulla pista rompendo il silenzio quasi assoluto, il ruzzolone parte e corre veloce. Il lanciatore lo segue per qualche metro facendo grandi passi, poi si arresta e, con lo sguardo fermo, lo accompagna finchè gli è possibile vederlo, divincolando il corpo come se, in quel modo, potesse guidarlo.
Anche il pubblico è teso e segue con estrema attenzione il ruzzolone durante la sua corsa. Le esclamazioni e i commenti al lancio sono immediati e spontanei: se il lancio è riuscito l’apprezzamento, seppur caloroso, si limita a un “bello!” o a un “bravo!” mentre, se è mal riuscito, tutti hanno commenti da fare e consigli da dare e il lanciatore deve rassegnarsi all’espressione, più volte ripetuta, “te fat ‘na pegra” o “che pegra te fat”!
L’arbitro poi si porta sul luogo in cui si è arrestato il ruzzolone e, con gesso o segatura, ne “stampa” la circonferenza sul terreno. Dentro questo cerchio il lanciatore, o il compagno se la gara è “a coppie”, dovrà porre il piede, tenendovelo ben fermo, per il lancio successivo.
E così via, per tutti i lanciatori, fino alla fine della gara.
La gara è vinta dal lanciatore che taglia il traguardo con un minor numero di tiri o, a parità di tiri con l’avversario, spinge il ruzzolone più lontano dalla linea del traguardo.
Il regolamento nazionale prevede che ogni gara si svolga su due partite: in caso di parità, viene effettuata una terza partita, come spareggio.

CAMPIONI ITALIANI DEL FRIGNANO

1976 - PAVULLO NEL FRIGNANO (MO)
Cat. A "coppie": ABRAMO BALESTRI - GIUSEPPE CORSINI (S.S. Semese)
Cat. B "individuale": ITALINO RONCHETTI (S.S. S.Antonio)
Cat. B "coppie": ERIO BONACCI - ARMANDO LARDI (S.S. Bocciodromo - S.S. Fanano)

1977 - TAVERNELLE DI CORTONA (AR)
Cat. A "coppie": ALESSANDRO MARESCOTTI - GIUSEPPE MARESCOTTI - (S.S. Semese)

1978 - PRATI DI STRONCONE (Terni)
Cat. A "coppie": ROMANO CASOLARI - GIUSEPPE CORSINI - (S.S. Semese)
Cat. B "individuale": ENNIO BIOLCHINI (S.S. Riovalle)

1979 - SESTOLA (MO)
Cat. B "individuale": REMO BIOLCHINI (S.S. Monzone)

1980 - PRATI DI STRONCONE (Terni)
Cat. A "individuale": GIOVANNI TEBALDI (S.S. Bocciodromo)
Cat. A "coppie": ABRAMO BALESTRI - GIUSEPPE CORSINI - (S.S. Semese)

1981 - TERONTOLA DI CORTONA (AR)
Cat. A "individuale": ATTILIO FERRARI (S.S. Casine)
Cat. B "individuale": TEODORICO GALLI (S.S. Riovalle)

1982 - PAVULLO NEL FRIGNANO (MO)
Cat. A "individuale": RENATO VERUCCHI (S.S. Sestola Riovalle)
Cat. B "individuale": PIO MAGNANI (S.S. Verica)

1983 - CASTELVECCHIO DI MASSA MARTANA (PG)
Cat. A "individuale": FRANCO BENEVENTI (S.S. Acquaria)

1984 - MODENA ("Parco della Resistenza")
Cat. A "individuale": ALESSANDRO MARESCOTTI (S.S. Semese)

1986 - CAMPITELLO (TR)
Cat. C "individuale": RINO CAMATTI (S.S. Semese)

1989 - POLINAGO (MO)
Cat. C "individuale": EDGARDO CREDI (S.S. Verica)
Cat. "allievi": AGOSTINO COSTI (S.S. S.Antonio)

1990 - CASTELVECCHIO DI MASSA MARTANA (PG)
Cat. A "individuale": RENATO VERUCCHI (S.S. Sestola-Riovalle) 
Cat. C "coppie": FRANCESCO LAMI - GIORGIO TONOZZI - (S.S. Borra)

1991 - BOLOGNA
Cat. A "coppie": ABRAMO CORSINI - GABRIELE BEDONNI - (Sassoguidano di Pavullo n.F.)
Cat. B "individuale": GIULIANO DINELLI (Fanano)
Cat. B "coppie": TIZIANO CERFOGLI - CESARE MAGNANI - (Sestola)
Cat. C "coppie": LUIGI BELLEI - GABRIELE BERTANTI - (Pavullo n.F.)

1992 - LAMA MOCOGNO (MO)
Cat. A "individuale": COSTANTINO ZANAGLIA (S.S. Acquaria)
Cat. B "individuale": BENITO SANTI (S.S. S.Antonio)
Cat. C "coppie":  SEVERINO BERTELLI - TOMMASO FIORENTINI (Polinago)

1993 - CASTELVECCHIO DI MASSA MARTANA (PG)
Cat. A "coppie": ITALINO RONCHETTI-GIUSEPPE TONOZZI - (S.S. Virtus Pavullese)
Cat. B "coppie": LUCIANO POLI - DOMENICO CAMATTI - (S.S. Verica di Pavullo)

1994 - SESTOLA (MO)
Cat. A "individuale": VITO PAVARELLI (Pavullo n.F.)
Cat. C "individuale": FABIO BORTOLOTTI (S.S.R. Monzone)
Cat. C "coppie": ANTONIO BOCCALEONI-GIACOMO ORSINI (Lama Mocogno)

1995 - SPOLETO (PG)
Cat. C "coppie": LORENZO CASACCI - RENZO CASTELLI - (S.S. Borra)

1996 - LAMA MOCOGNO (MO)
Cat. A "individuale": DARIO SILVESTRINI (S.S. Acquaria)
Cat. A "coppie": COSTANTINO ZANAGLIA - TEODORICO BERNARDINI (S.S. Acquaria)
Cat. B "individuale": ANTONIO FLORI (S.S. Casine)
Cat. B "coppie": ALMERINO CASACCI - CLAUDIO PIERONI (S.S. Borra)
Cat. "juniores": EMANUELE BENEVENTI (S.S. S.Antonio)

1997 - MARSCIANO DI TODI (PG)
Cat. C "individuale": EMANUELE BENEVENTI (S.S. S.Antonio)
Cat. C "coppie": LUCIANO GHIBELLINI - ENNIO BOILINI (S.S. Monzone)
Cat. "pulcini": STEFANO TRENTI (Rocchetta di Sestola)
Lancio della "Piastrella": ENZO TORRI (S.S. Polinago)

1998 - ACQUARIA DI MONTECRETO (MO)
Cat. "allievi": NICOLA LAMI (Lama Mocogno)

1999 - ACQUASPARTA (TR)
Cat. B "individuale": FERDINANDO PARENTI (S.S."La Fondovalle")

2000 - COSCOGNO - PAVULLO NEL FRIGNANO (MO)
Cat. A "individuale": GABRIELE BEDONNI (S.S.Sassoguidano-Semese)
Cat. B "coppie": ENNIO BOILINI - GIANCARLO PINOTTI (S.S. Monzone)
Cat. C "coppie": PELLEGRINO GIACOMELLI - UGO GIACOMELLI (Fanano)
Cat. "Pulcini": DANIEL BASCHIERI (S.S. Sassoguidano-Semese)
Cat. "Allievi": MAICOL BENASSI (S.S. Rovinella-Montecreto)
Lancio della "Piastrella": ENRICO TORRI (S.S. Valrossenna-Polinago)

2002 - LAMA MOCOGNO (MO)
Cat. A "coppie": CLAUDIO ISEPPI - DANIELE BORTOLOTTI (Polisportiva Pavullese)
Cat. B "coppie": CELSO GUERRI - EGIDIO CANTELLI (Sestola - Modena)
Cat. C "coppie": GIORGIO CHESI - NANDO BOSI (Lama Mocogno - Modena)
Cat. "Ragazzi" ‘90-’91: ANGELO PUCCINI (Casine di Sestola)
Cat. "Juniores ‘86-’87.: MATTEO FERRARI (Rovinella di Montecreto)

2003 - PERUGIA
Cat. A "coppie": STEFANO GHERARDINI - PAOLO TEDESCHINI (Casine di Sestola)
Cat. B "coppie": FELICE LAMI - SEVERINO BERTELLI (Polinago)

2004 – CARPINETI e TOANO (RE)
Cat. A “individuale”: GIULIANO BOSI (S.S. Rovinella)
Cat. C “individuale”: VINCENZO MENOZZI (S.S. Casine)
Cat. A “coppie”: MAURO FIOCCHI – CLAUDIO BENASSI (S.S. Rovinella)
Cat. C “coppie”: DANIELE MUCCIARINI – IGNAZIO MUCCIARINI (S.S. Sassoguidano-Semese)
Cat. “ragazzi”: DENIS BENASSI (S.S. Rovinella)

2005 – SESTOLA (MO)
Cat. A “individuale”: VALERIO CORSINI (S.S. Sassoguidano-Semese)
Cat. B “individuale”: GINO MONTANIONI (S.S. Verica)
Cat. C “individuale”: ANDREA MUZZARELLI (S.S. Casine)
Cat. A “coppie”: ALCEO BALOCCHI – ALESSANDRO CASINI (S.S. Monzone)
Cat. B “coppie”: BRUNO TINTORI – FRANCO FLORI (S.S. Sestola)
Cat. “ragazzi”: MATTEO GHERARDINI (S.S. Casine)
Cat. “pulcini”: IVAN GHERARDINI (S.S. Casine)

2006 – CAMPITELLO (TR)
Cat. A “coppie”: MIRCO FOGNANI – NICOLA PINI (S.S. Tolè 2000)
Cat. “ragazzi”: MANUEL FERRARI (S.S. Rovinella)
Cat. “pulcini”: ALESSANDRO COVILI (S.S. Tolè 2000)

2007 – ACQUARIA (MO)
Cat. A “individuale”: ALBERTO CORTELLONI (S.S. Acquaria)
Cat. C “individuale”: ROBERTO INGRAMI (S.S. S.Antonio)
Cat. A “coppie”: VALERIO CORSINI – ADRIANO RICCI (S.S. Sassoguidano-Semese)
Cat. C “coppie”: ANDREA LUSIGNOLI – NICOLA CERFOGLI (S.S. Rovinella)
Cat. “allievi”: ADRIANO LUPPI (S.S. Rovinella)
Cat. “ragazzi”: MANUEL FERRARI (S.S. Rovinella)
Cat. “pulcini”: ALEX BOSI (S.S. Rovinella)

2008 – COLLESTRADA (PG)
Cat. A “individuale”: GABRIELE BEDONNI (S.S. Sassoguidano-Semese)
Cat. B “individuale”: GIANLUCA MARESCOTTI (S.S. Verica)
Cat. C “individuale”: MANUEL QUATTRINI (S.S. Verica)
Cat. C “coppie”: DENIS BENASSI – ALBERTO MUCCI (S.S. Rovinella)
Cat. “allievi”: ADRIANO LUPPI (S.S. Rovinella)
Cat. “ragazzi”: IVAN GHERARDINI (S.S. Casine)
Cat. “pulcini”: ALESSANDRO PALLADINI (S.S. Tolè 2000)

2009 – LAMA MOCOGNO (MO)
Cat. A “individuale”: MASSIMO QUERCIAGROSSA (S.S. Fondovalle)
Cat. C “individuale”: GIACOMO GIORGI (S.S. Rovinella)
Cat. A “coppie”: MIRCO FOGNANI – FABRIZIO CORSINI (S.S. Tolè 2000)
Cat. B “coppie”: MAURO BORTOLANI – GINO MONTANINI (S.S. Verica)
Cat. C “coppie”: FABRIZIO GIACOBAZZI – SIMONE GANDOLFI (S.S. Verica)
Cat. “juniores”: MARCO MAMMEI (S.S. Fondovalle)
Cat. “allievi”: FEDERICO PRESA (S.S. Polinago)
Cat. “pulcini”: ALESSANDRO PALLADINI (S.S. Tolè 2000)

2010 – SPOLETO (PG)
Cat. A “individuale”: TIZIANO CERFOGLI (S.S. Casine)
Cat. A “coppie”: GIANLUCA MARESCOTTI – GABRIELE BEDONNI (S.S. Sassoguidano-Verica-Semese)
Cat. “allievi”: ADRIANO LUPPI (S.S. Rovinella)
Cat. “ragazzi”: MICHELE BONACORSI (S.S. Lama Mocogno)
Cat. “pulcini”: ALESSANDRO RICCI (S.S. Sassoguidano-Verica-Semese)

CAMPIONATI ITALIANI A SQUADRE
DEL LANCIO DEL "RUZZOLONE"

1996: Cat. A
GABRIELE BEDONNI (S.S. Sassoguidano)
ADRIANO RICCI (S.S. Sassoguidano)
VITO PAVARELLI (S.S. Sassoguidano)
VALERIO CORSINI (S.S. Sassoguidano)
EDGARDO SERAFINI (S.S. Sassoguidano)

1997: Cat. Unica
CLAUDIO BENASSI (S.S. Rovinella)
ALESSANDRO CASOLARI (S.S. Rovinella)
NARCISO BENASSI (S.S. Rovinella)
DOMENICO COVILI (S.S. Rovinella)
ENNIO FERRARI (S.S. Rovinella)
DINO CASELLI (S.S. Rovinella)
FRANCO SILVESTRINI (S.S. Rovinella)
ANTONIO GIORDANI (S.S. Lama Mocogno)

1999: Cat. A
TIZIANO CERFOGLI (S.S. Casine)
PAOLO TEDESCHINI (S.S. Casine)
ROBERTO CAPITANI (S.S. Casine)
DARIO QUERCIAGROSSA (S.S. Casine)
FRANCO FLORI (S.S. Casine)

2000: Cat. B
DARIO BELLEI (Polisportiva Pavullese)
ERMES COVILI (Polisportiva Pavullese)
DECIMO BRUSIANI (Polisportiva Pavullese)
ABRAMO VANDELLI (Polisportiva Pavullese)
GIOVANNI BOSI (Polisportiva Pavullese)

2001: COSCOGNO DI PAVULLO 23 e 24 GIUGNO

CATEGORIA "A"
1°) SPOLETO (PG): Maurizio Menghini, Domenico Brugnoni, Mauro Lezzi, Giampaolo Ferracchiato, Tiziano Scarponi
2°) SASSOGUIDANO-SEMESE (MO): Adriano Ricci, Gabriele Bedonni, Mauro Baschieri, Ivo Giovanelli
5°) MONZONE(MO): Alessandro Casini, Franco Venturelli, Vito Pavarelli, Alceo Ballocchi, Terzo Debbia

CATEGORIA "B"
1°) MILANO: Giacomo Carboni, Geminiano Ghiddi, Marino Baroni, Silvano Fantini
5°) ACQUARIA (MO): Gabriele Nicoletti, Nello Cortelloni, Fabrizio Fiocchi, Cristian Beneventi, Alberto Cortelloni

CATEGORIA "C"
1°) ACQUASPARTA (TR): Giuliano Persichetti, Primo Fratini, Giancarlo Barbarossa, Leonardo Ippoliti, Enzo Maibianco
5°) SANT'ANTONIO (MO): Venanzio Rovinalti, Efrem Bosi, Angelo Manni, Gloriano Balestri, Giampiero Mucciarini
7°) POLISPORTIVA PAVULLESE (MO): Giancarlo Bellucci, Giovanni Brusiani, Terenzio Scarabelli, Carlo Bertacchini

2003 – ZOCCA (MO)
CATEGORIA “A”: S.S. TOLE’ 2000 (Alessandro Cioni – Luca Lami – Giorgio Tonozzi – Giovanni Rocchi – Enzo Nori)

2004 – SPOLETO (PG)
CATEGORIA “C”: S.S. POLINAGO (Fabrizio Corsini – Benedetto Bonacci – Luca Gualmini – Antonio Lami)

2006 – COSCOGNO (MO)
CATEGORIA “A”: S.S. CASINE (Gianpaolo Tedeschini – Tiziano Cerfogli – Dario Querciagrossa – Ivo Querciagrossa – Stefano Gherardini)

2008 – COSCOGNO (MO)
CATEGORIA “A”: S.S. TOLE’ 2000 (Mirco Fognani – Nicola Pini – Roberto Zironi – Claudio Pieroni – Fabrizio Corsini)

2009 – CAMPITELLO (TR)
CATEGORIA “A”: S.S. TOLE’ 2000 (Alessandro Cioni – Wainer Balocchi – Giovanni Rocchi – Giorgio Tonozzi)

2010 – TOANO (RE)
CATEGORIA “B”: S.S. SASSOGUIDANO – VERICA – SEMESE (Manuel Quattrini – Giovanni Quattrini – William Ferrari – Vincenzo Covili – Simone Gandolfi)

PISTE PER IL LANCIO DEL "RUZZOLONE"
"TREPPI"

Le piste per il lancio del "ruzzolone" ("treppi") sono a:

ACQUARIA di Montecreto,
COSCOGNO di Pavullo,
FANANO,
LAMA MOCOGNO,
POLINAGO,
ROVINELLA ( fino al 1996),
VAL DI SASSO di Sestola

SOCIETA' SPORTIVE DEL "RUZZOLONE"

 S.S. ACQUARIA;
S.S. BORRA (fino al 2002);
S.S. CASINE;
S.S. CIMONE 2002 di Fanano (dal 2002)
S.S. FANANO;
S.S. LA FONDOVALLE;
S.S. LAMA MOCOGNO
S.S. MONTECRETO;
S.S. MONZONE;
S.S. POLISPORTIVA PAVULLESE (ex VIRTUS);
S.S. POLINAGO;
S.S. ROVINELLA;
S.S. S.ANTONIO;
S.S. SESTOLA;
S.S. SEMESE - SASSOGUIDANO (fino al 2009);
S.S. SEMESE – VERICA – SASSOGUIDANO (S.V.S.) (dal 2010)
S.S. TOLE’ 2000 di Lama Mocogno (dal 2000)
S.S. VERICA (fino al 2009);
S.S. VESALE (fino al 1999).